Mentre il caso giudiziario di Giulio Regeni sembra essersi arenato, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha lanciato quella che sembra una vera e propria provocazione: Bassam Radi, il portavoce della Presidenza, viene proposto come Ambasciatore a Roma. La voce – soprattutto su Facebook – e il volto di Sisi ad uso dei media egiziani e stranieri dal 2017, “il portavoce ufficiale della Presidenza, Ambasciatore Bassam Radi”, rappresenterà dunque l’Egitto a Roma per i prossimi anni.

L’annuncio ufficiale vuole Radi “ambasciatore straordinario delegato presso il Governo italiano e non-residente presso la Repubblica di San Marino”. Il diplomatico era già stato presso l’Ambasciata della Repubblica Araba d’Egitto sulla Via Salaria come Primo segretario tra il 2000 e il 2004 e, senza contare l’incarico di due mesi di un ambasciatore deceduto a gennaio, prende il posto di Hisham Badr.

Il suo curriculum è denso (fra l’altro vice ambasciatore in Giappone, Console Generale a Istanbul e membro del Comitato Supremo di Sicurezza per l’Antiterrorismo) ma per l’Italia conta più quello che Radi ebbe a dire – o meglio a riferire – sul caso di Giulio Regeni. Almeno una mezza dozzina le sue dichiarazioni che fecero più clamore, ma tutte con gli stessi messaggi: il Presidente vuole “giustizia”, ha “dato istruzioni per eliminare ogni ostacolo alle inchieste” e c’è dunque il suo “totale sostegno alla cooperazione fra le istituzioni competenti egiziane e italiane”.

Questo fino al novembre 2020, poi – il mese dopo – la Procura generale egiziana, formalmente indipendente, ha chiuso la partita sul fronte del Cairo: per gli inquirenti egiziani non ci sono prove che i quattro uomini dei servizi segreti del Cairo che monitorarono movimenti e incontri di Regeni siano state anche le stesse persone che lo rapirono il 25 gennaio 2016 e lo fecero ritrovare morto per orribili torture nove giorni dopo, il 3 febbraio, sul ciglio di una superstrada alla periferia della capitale dell’Egitto.

Sempre per la Procura egiziana, “parti ostili all’Egitto e all’Italia” hanno voluto “sfruttare questo incidente“: una tesi sostenuta pubblicamente anche da Sisi dicendo “volevano danneggiare le relazioni fra Egitto ed Italia” proprio mentre erano all’acme con Matteo Renzi premier e l’Eni attore chiave per l’energia nel Paese attraverso la scoperta del maxi-giacimento di gas “Zohr”. Comunque per il Cairo non ci sarebbero elementi per istruire un processo e quindi non sono stati notificati all’Italia i domicili dei quattro agenti, creando l’attuale “stasi processuale” che la Procura di Roma all’inizio di questo mese ha chiesto alla Cassazione di sbloccare con una risposta che potrebbe arrivare in autunno. Dalla chiusura egiziana del 30 dicembre 2020, Radi non ha potuto far altro che tacere, ovviamente su istruzioni di Sisi che formalmente può trincerarsi dietro l’indipendenza di cui in teoria gode la magistratura sul Nilo.

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