Il nome della legge Salvamare, appena approvata dal Parlamento, dice che il mare va salvato. Salvato da cosa? Salvato da noi!

Con i suoi ottomila chilometri di coste, e la biodiversità più ricca rispetto a tutti gli altri paesi dell’Unione Europea, l’Italia dovrebbe avere una fortissima vocazione marina. Se dobbiamo salvare il mare, però, è ovvio che il nostro comportamento, fino ad ora, non è stato rispettoso del patrimonio naturale del nostro paese… Ora ci siamo accorti che il mare va salvato.

Dal mare traiamo risorse alimentari, lo usiamo come via di comunicazione, e ne usufruiamo durante le nostre vacanze. Il turismo balneare è una componente importante del nostro Prodotto Interno Lordo, grazie alla qualità delle nostre coste. Per usufruire della risorsa mare abbiamo costruito porti e porticcioli, e infrastrutture recettive costiere con l’intento di ricavare guadagni economici dalle risorse naturali. Abbiamo sviluppato la pesca industriale e l’acquacoltura per estrarre risorse alimentari di origine marina.

Oltre ad “estrarre”, però, immettiamo: molto di quello che produciamo a terra arriva al mare attraverso i fiumi e il dilavamento sul terreno. I reflui urbani e industriali hanno il mare come destinazione ultima, per non parlare dei fertilizzanti e dei pesticidi di origine agricola. Anche la spazzatura finisce in parte nell’ambiente marino, e di questo si occupa la Salvamare. La plastica che sta caratterizzando sempre di più le nostre acque, sia come macroplastiche, visibili a tutti, sia come microplastiche, invisibili ma ben più pervasive, ha origine a terra. I pescatori, soprattutto con la pesca a strascico, tirano a bordo ingenti quantità di rifiuti solidi, in gran parte a base di plastica.

Prima della Salvamare questi rifiuti erano considerati “speciali” e non c’era modo di smaltirli. I pescatori semplicemente li ributtavano a mare, per ripescarli il giorno dopo. La Salvamare permette ai pescatori di portarli a terra e di conferirli in appositi contenitori che dovranno essere allestiti all’interno dei porti. Un notevole passo avanti, ma il problema dei rifiuti non si risolve prelevandoli dal mare. È necessario che i rifiuti non arrivino più al mare. La Salvamare invoca un’economia circolare che dovrebbe essere il cardine della transizione ecologica. Riconvertire la nostra economia secondo principi di sostenibilità è l’unica soluzione, e abbiamo ingenti risorse europee per farlo, nell’ambito del Pnrr.

Raccogliere i rifiuti e smaltirli non basta. L’articolo 8 della Salvamare, infatti, recita: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca promuove, nelle scuole di ogni ordine e grado, la realizzazione di attività volte a rendere gli alunni consapevoli dell’importanza della conservazione dell’ambiente e, in particolare, del mare e delle acque interne, nonché delle corrette modalità di conferimento dei rifiuti, coordinando tali attività con le misure e le iniziative previste, con riferimento alle tematiche ambientali, nell’ambito della legge 20 agosto 2019, n. 92. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca tiene conto delle attività previste dal presente articolo nella definizione delle linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica di cui all’articolo 3, comma 1, della citata legge n. 92 del 2019. Nelle scuole sono inoltre promosse le corrette pratiche di conferimento dei rifiuti e sul recupero e riuso dei beni e dei prodotti a fine ciclo, anche con riferimento alla riduzione dell’utilizzo della plastica, e sui sistemi di riutilizzo disponibili”.

Si tratta di una norma di fondamentale importanza, perché la transizione ecologica non potrà trovare attuazione senza un’evoluzione culturale che riconosca il valore dei sistemi naturali, oggi in gran parte assenti dai percorsi di formazione. L’educazione ambientale è stata inserita all’interno del monte ore dedicato all’educazione civica, ma le norme di comportamento dei “buoni cittadini” devono avere solide basi scientifiche sul significato della biodiversità e del funzionamento degli ecosistemi, recentemente inseriti nei valori fondanti della Costituzione, a integrazione dell’Articolo 9. Trasformare gli alunni in solerti operatori ecologici che si premurano di non far arrivare rifiuti nell’ambiente non è certo sufficiente a creare le premesse per la transizione culturale necessaria per realizzare una vera transizione ecologica.

La modifica costituzionale, la Salvamare, il Pnrr sono un enorme passo avanti verso la piena consapevolezza dell’importanza del capitale naturale per il nostro benessere. Le buone pratiche sono importantissime, ma devono avere solide basi conoscitive. Come si fa a salvaguardare e proteggere quello che non si conosce? Quanta parte hanno la biodiversità e gli ecosistemi nei percorsi di formazione dalla scuola primaria a tutti i corsi universitari? La Salvamare tratta anche la gestione degli accumuli di foglie di Posidonia, una pianta marina spesso confusa con un’alga, sul litorale. Come si fa a gestire opportunamente questi ammassi di foglie se non si sa che preservano il litorale dall’erosione delle onde? Quelle foglie, di origine squisitamente naturale, sono percepite come “rifiuti” da chi ne ignora l’origine e il ruolo ecologico. Questi passi avanti sono i primi di un cammino ancora quasi tutto da percorrere, nella teoria e nella pratica.

Articolo Precedente

In Italia cresce la popolazione dei lupi: stimati 3.300 esemplari. L’Ispra: “Aumentati di numero ovunque, soprattutto sulle alpi”

next
Articolo Successivo

Greenpeace: “Tassonomia verde europea influenzata dalle pressioni russe. Spinta per includere gas e nucleare”

next