Forse vi ricordate come Collodi ci racconta che Geppetto, il padre di Pinocchio, aveva in casa un caminetto acceso dipinto sul muro perché era troppo povero per permettersi la legna per un caminetto vero. Mi sa che se le cose continuano così, rischiamo di arrivare a qualcosa di simile anche noi. Fra docce fredde, termostato basso, sudate estive, elettricità e combustibili che costano un occhio della testa e altre cosette, andrà a finire che il prossimo inverno dovremo riscaldarci con un calorifero dipinto sul muro?

Il problema dell’energia è allo stesso tempo politico e strutturale: era cominciato prima della guerra in Ucraina e continuerà dopo che sarà finita. Le risorse di combustibili fossili non sono infinite e stiamo rapidamente arrivando a una situazione in cui non ce ne sono abbastanza per tutti, o forse ci siamo già arrivati. I pesci grossi si accaparreranno quello che resta, mentre quelli piccoli (immaginatevi a chi mi riferisco) rimarranno tagliati fuori.

Allora sarebbe decisamente il caso di darsi da fare, no? Se abbiamo bisogno di energia, la possiamo trovare in casa come energia rinnovabile – dopotutto siamo o non siamo il “paese del sole”? Ne consegue che tutti gli sforzi dovrebbero essere dedicati a installare impianti di energia rinnovabile al massimo ritmo possibile, dove possibile. E invece no: siamo ancora al tira-e-molla burocratico che rende difficile, se non impossibile, installare qualsiasi impianto. Un esempio lampante è quello dell’impianto eolico di Villore, nell’Appennino Toscano. Un impianto da quasi 30 MW che in un anno può produrre abbastanza energia da risparmiare 16 milioni di metri cubi di gas che, altrimenti, dovremmo importare dall’estero. Non è che da solo potrebbe risolvere tutti i nostri problemi, ma sarebbe un bel passo avanti.

L’impianto è allo stadio di progetto definitivo e ha passato tutti gli stadi di autorizzazione, incluso un dibattito pubblico che è durato due anni e una serie di esami dai vari enti preposti a valutare il progetto. Alla fine, il 7 febbraio di quest’anno, la Giunta regionale toscana, l’ente preposto per legge a prendere una decisione, ha espresso valutazione di compatibilità ambientale e ha rilasciato l’Autorizzazione Unica a procedere alla costruzione dell’impianto.

Tutto risolto? No, nemmeno per idea. Il 18 febbraio il ministro della cultura Franceschini ha mosso opposizione all’impianto. Il risultato è stato la sospensione dell’autorizzazione che ora dipende da un parere del consiglio dei ministri che non si decide a dare. A termine di legge, avrebbe dovuto esprimersi entro 15 giorni, ovvero entro il 5 aprile, ma ancora non si è visto niente. E se il consiglio dei ministri non si decide alla svelta, anche in caso di parere favorevole si rischia di dover rimandare la costruzione dell’impianto di un anno intero: il cantiere deve partire in primavera.

Come al solito in Italia la procrastinazione regna sovrana, ma in questo caso sta facendo dei danni enormi a tutti. Non è tanto una questione di un impianto in particolare: stiamo combattendo una battaglia per l’indipendenza energetica della nazione. Se la perdiamo, e questo impianto non si fa, tutta l’azione per muoversi verso le rinnovabili rischia di impantanarsi nell’incertezza di poter ottenere le autorizzazioni necessarie. Se succede una cosa del genere l’Italia rischia di rimanere legata ai combustibili fossili di importazioneper molti anni, con tutti i problemi di costi e le incertezze nelle forniture.

Si racconta che Garibaldi abbia detto “Qui o si fa l’Italia o si muore.” Oggi dobbiamo dire: “O si fa l’indipendenza energetica italiana o si muore.” Diamoci una mossa o saremo fuori dalla storia.

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