L’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato la richiesta degli Usa di sospendere la Russia dal Consiglio dei diritti umani di Ginevra. È la terza risoluzione promossa dall’Occidente e approvata dalle Nazioni Unite dall’inizio dell’invasione in Ucraina, ma rispetto alle due votazioni precedenti, questa volta il fronte anti-Putin si è notevolmente ridotto. I voti a favore sono stati appena 93, mentre la risoluzione di denuncia per l’aggressione e quella sul cessate il fuoco avevano ricevuto rispettivamente 141 e 140 sì. In totale i Paesi contrari sono stati 24, mentre nei due precedenti avevano votato con la Russia solo altri 4 Paesi. A Siria, Bielorussia, Eritrea, Nord Corea si sono aggiunti molti altri Stati, tra i quali la Cina. E pure il blocco degli astenuti si è notevolmente ingrossato: dai 38 del 24 marzo ai 58 della votazione odierna.

La risoluzione votata dall’assemblea generale – tra i cui co-sponsor c’è anche l’Italia – chiede di “sospendere il diritto della Russia di far parte” del Consiglio dei diritti umani esprimendo “grave preoccupazione per la crisi umanitaria in Ucraina, in particolare per le notizie di violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca”. Per il via libera serviva la maggioranza dei due terzi dei Paesi votanti (i 193 membri delle Nazioni Unite) e le astensioni non contano. Di conseguenza, con 58 astenuti, la soglia era fissato a 90 sì ed è stata superata per appena 3 voti.

“Il dialogo e il negoziato sono l’unica via per uscire dalla crisi in Ucraina. Ci opponiamo fermamente alla politicizzazione delle questioni relative ai diritti umani“, ha detto l’ambasciatore cinese all’Onu, Zhang Jun, spiegano il voto contrario di Pechino. “Questa risoluzione non è stata redatta in modo aperto e trasparente“, ha aggiunto, sottolineando che la mossa “aggrava le divisioni tra gli Stati membri, aggiunge benzina al fuoco e non aiuta i colloqui di pace“. La Cina però non è stata l’unica a schierarsi questa volta con Mosca. Si sono aggiunti altri 18 Paesi che nelle precedenti votazioni non avevano scelto questa linea: Algeria, Bolivia, Burundi, Repubblica Centrafricana, Congo, Cuba, Etiopia, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Mali, Nicaragua, Tajikistan, Uzbekistan, Vietnam e Zimbabwe. Inoltre, il Gabon è passato dal sì del 24 marzo al no odierno.

Oltre a Pechino, spiccano i no dell’Iran e dei Paesi dell’Asia centrale. Un indizio di un possibile consolidamento della sfera d’influenza russo-cinese in tutto il continente, visti anche i no di Laos e Vietnam. Un altro indizio in questo senso arriva poi guardando all’elenco degli astenuti: India e Pakistan hanno confermato la scelta presa in precedenza. Si è aggiunto anche l’Iraq, mentre l’Afghanistan non ha votato.

Sempre tra gli astenuti spicca anche la presenza di Brasile, Egitto e Messico, tra Paesi che in precedenza avevano sempre votato con l’Occidente. Mentre a portare a 58 il numero dei voti “gialli” hanno contribuito anche gli Stati Arabi: Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. L’oggetto del voto, la sospensione di Mosca dal Consiglio dei diritti umani, potrebbe avere indirizzato la loro scelta così come quella di altri Paesi. Nella prima votazioni del 2 marzo infatti la risoluzione era di condanna dell’invasione russa, mentre la seconda del 24 marzo riguardava l’immediata cessazione delle ostilità. Due temi meno divisivi. Resta da registrare, però, come oggi l’Onu sia apparsa tutt’altro che unita contro Putin.

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