È la città meno martoriata dalla furia russa ma è anche quella che si mobilita maggiormente per sostenere le truppe al fronte e alleviare le sofferenze di chi vive nel resto del Paese. A Leopoli la vita sembra scorrere quasi normalmente ma di normale, anche qui, non c’è più niente. C’è un prima e c’è un dopo e lo spartiacque fra i due mondi è il 24 febbraio. Niente sarà più com’era fino a un mese fa. Lo sanno bene le operatrici del Centro comunale di sostegno alle famiglie e ai bambini, in prima linea nel fornire un appoggio alle categorie più fragili. Che in Ucraina, già prima dell’invasione, erano numerose e che oggi, con la guerra che ha sconvolto la vita di tre generazioni, sicuramente aumenteranno.

A poca distanza dal meraviglioso centro storico dove ancora oggi i ristoranti sono aperti e c’è persino chi organizza i tour turistici della città, la struttura sociale ha raddoppiato gli sforzi e lo fa con un’energia ed un entusiasmo che traspare dalle parole di chi lavora quotidianamente per sostenere le persone in difficoltà. Con un obiettivo che dallo scoppio del conflitto è diventato duplice. Da una parte si punta al supporto diretto a chi ha meno di 16 anni: bambini e ragazzi vengono accolti, seguiti ed indirizzati verso un futuro migliore. Si tratta di giovani con situazioni famigliari complesse ed ai quali viene garantita assistenza 24 ore su 24, incluso il supporto medico e psicologico. Adolescenti che in alcuni casi vengono salvati da situazioni di pericolo, mentre nell’altro reparto si lavora con le famiglie, che devono seguire un programma e rispettare gli obiettivi prefissati. I ragazzi vivono nella struttura, nuova, colorata ed attrezzata, ricevono istruzione, socializzano con i compagni in un percorso che dura nove mesi e che può prevedere, al termine, il reinserimento nella famiglia di origine o l’affidamento ad un altro nucleo.

Ma il Centro oggi è molto di più. Innanzitutto, nelle prime settimane del conflitto e con il timore di un’escalation anche a ovest, ha provveduto immediatamente a trasferire in Europa un buon numero di ragazzi, messi al sicuro assieme ai propri educatori e tuttora seguiti attraverso un costante feedback online. “L’obiettivo principale era garantire un rifugio sicuro ai nostri utenti, non sapendo ovviamente cosa poteva succedere nell’immediato”, assicura Maryna, psicologa e una delle figure professionali di riferimento. Ma il Centro, come detto, è diventato anche altro.

Ha ospitato per diverse settimane numerosi rifugiati mentre i laboratori per l’infanzia e altre stanze della struttura sono diventate il luogo dove raccogliere medicine, generi di prima necessità e altri prodotti da inviare nelle aree maggiormente bombardate, da Zytomir a Kharkiv, dalla regione di Odessa a Kherson. E da spedire al fronte: “I militari combattono per noi e dobbiamo sostenerli tutti assieme. Hanno bisogno di materiale per la protezione individuale, di caschi ma anche di scarpe e Leopoli in questo è unita per garantire ai nostri ragazzi tutto il necessario. Facciamo e faremo tutto ciò che è possibile per aiutarli e per fornirgli il nostro completo supporto”. Non c’è parrocchia, associazione o gruppi di volontari che non si siano organizzati, dai più giovani fino agli anziani. Anche ultraottantenni sono in prima linea in questa guerra che, soprattutto da queste parti, non lascia indifferente proprio nessuno. Grazie all’infaticabile lavoro di suor Julia, il motore di quest’opera caritatevole, con la sua energia e la sua rete di contatti sono state raccolte cento tonnellate di medicine, cibo, prodotti per l’igiene; una quantità enorme, che ha un unico destinatario: la popolazione fragile, che in ogni guerra, purtroppo, aumenta le proprie file, e i militari che difendono la patria.

E i bambini ospiti del centro? Quali ricadute psicologiche stanno subendo a causa del conflitto? “Nei più piccoli i traumi si misurano nel lungo periodo, non nell’immediato. Per adesso sono stabili, non mostrano disagi. Cerchiamo naturalmente di fornire loro il massimo supporto psicologico e nel frattempo abbiamo ricominciato le lezioni dal vivo sia di inglese che di matematica e nei prossimi giorni anche quelle di musica. È fondamentale ritornare per quanto possibile alla normalità”. E sperare naturalmente che questo brutto incubo possa terminare al più presto.

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