“È una partita difficile, lo sappiamo, ma dopo dodici anni questa sembra davvero la volta buona per sconfiggere definitivamente Viktor Orban“. Ha già iniziato a fare i conti Tibor Bana, studi da economista all’Università di Budapest e una lunga carriera dentro l’Országgyűlés, il Parlamento unicamerale ungherese, nonostante i soli 37 anni. Domenica si terranno le elezioni e per la prima volta Orban e il suo partito Fidesz dovranno fronteggiare un’opposizione unita, guidata dal sindaco di Hódmezővásárhely, Peter Márki-Zay. “Nonostante la campagna sfavorevole dei media, che riservano grande spazio al premier e ai suoi candidati e pochissimi minuti a noi, sento che possiamo farcela. I più giovani lo hanno già capito: ai nostri comizi ci sono tantissimi Millennials e Gen Z che vogliono un futuro diverso per l’Ungheria. Una speranza che coltiviamo anche noi, che vogliamo riportare il nostro Paese dove merita, in Europa“, dichiara a ilfattoquotidiano.it lo stesso Bana, che per la quarta volta si ripresenta a Vas, uno dei collegi più fedeli al partito del premier, all’estremo ovest del Paese. Nel 2010, 2014 e anche 2018 il suo seggio è sempre stato vinto dal candidato di Fidesz, Zsolt V. Németh, rappresentante del distretto dal 1998, ma lui è riuscito comunque a entrare in Parlamento grazie al ripescaggio nelle liste nazionali di Jobbik, il suo ex partito.

I rapporti di Orban con l’Europa e l’Est – La tornata elettorale di domenica a Budapest rappresenta una prima volta non solo per l’opposizione, che stavolta si è unita sotto un cartello che comprende forze eterogenee come i comunisti e i liberali, ma anche per la stessa Europa, visto che sono le prime votazioni dall’inizio della guerra in Ucraina, Paese confinante. Secondo le autorità ungheresi sarebbero già 540mila i rifugiati giunti nel Paese, una statistica contestata però dalle autorità comunitarie, che vedono una possibile truffa del governo ai danni dell’Unione sui fondi europei. “Tutto questo è frutto di anni di scelte sbagliate di Orban, che hanno spinto l’Ungheria lontano dall’Europa. Preferire i dittatori dell’Est all’Occidente ha portato e porterà soltanto problemi”, evidenzia Bana. I primi effetti sono già visibili: Repubblica Ceca e Polonia, storici partner di Budapest nel gruppo di Visegrad, hanno ufficialmente disertato l’ultima riunione a causa del rifiuto del governo Orban di apporre nuove sanzioni sulle forniture energetiche russe. “Un ulteriore segnale che l’Ungheria è sempre più sola dentro l’Unione europea. Non partecipare alla Procura europea, che avrebbe aiutato Budapest a combattere uno dei suoi mali endemici come la corruzione, rischia di congelare i fondi europei che sarebbero tanto utili per un territorio come il mio, dove serve svecchiare trasporti e sanità“, sostiene Bana. Per questo la scelta di campo è chiara: “La nostra volontà è quella di riportare l’Ungheria a Occidente e chiudere definitivamente questa lunga stagione di ammiccamenti ai dittatori orientali da parte di un regime molto simile a quello comunista che ha oppresso il nostro Paese per 40 anni“.

Le divisioni interne – Anche nel Paese le fratture sono ben evidenti. “È innegabile come l’opposizione riscuota più successo nelle città e tra i più giovani. Non posso negare come sarebbe più semplice farsi sentire nella capitale rispetto a Kormend, il centro più grande del mio distretto che conta però appena 12mila anime. Non mi posso lamentare però: la gente viene e partecipa con entusiasmo e pochi giorni fa a Szentgotthárd, un comune di poco più di 9mila abitanti, c’erano 2500 persone al comizio in cui ha partecipato anche Márki-Zay“, racconta Bana. Una mano importante la danno i social media: tutti gli eventi dell’opposizione vengono riportati sulle pagine dei partiti e dei candidati su tutte le piattaforme, da Facebook a Instagram fino a TikTok. “Aiutano tantissimo soprattutto a raggiungere le aree più periferiche, visto che i media tradizionali, come tv, radio e giornali, sono controllati da Fidesz e noi riusciamo a malapena a far sentire la nostra voce”, sostiene Bana. Una campagna martellante che non sembra convincere gli elettori: secondo un sondaggio riportato dal media indipendente Telex, il 28% della popolazione attiva nel Paese riterrebbe non più valido restare in Ungheria se Fidesz dovesse di nuovo vincere le elezioni e quasi un lavoratore su tre ha già preso in considerazione l’idea di andare all’estero. La ragione è soprattutto legata all’economia: la mancanza di aiuti europei, la crescita dell’inflazione – che a febbraio ha raggiunto l’8,3 per cento – e il rialzo incontrollato della spesa pubblica hanno avvicinato il debito ungherese a quasi il 90% del Pil. “Per questo è essenziale tornare pienamente in Europa e anche abbandonare il fiorino ungherese in favore dell’euro: andando avanti così rischiamo di finire in un lungo periodo di austerità“, sostiene Bana.

L’attenzione sul voto – Queste elezioni sono perciò decisive, nonostante i tanti ostacoli posti da Fidesz. Uno di questi è il referendum, contemporaneo al voto, nel quale gli elettori sono chiamati a esprimersi sull’insegnamento a scuola dell’omosessualità e la riassegnazione di genere per i minorenni. “Uno specchietto per le allodole, fatto solo per nascondere il voto. Un trucco per cercare di sviare gli elettori”, evidenzia Bana. Non è il solo, visto che l’opposizione deve fronteggiare anche il discusso ridisegno dei collegi, ai limiti del gerrymandering, per favorire la maggioranza di governo: all’opposizione potrebbe non bastare prendere un voto in più di Fidesz per ottenere la maggioranza e, secondo alcuni analisti, sarebbe necessario ottenere almeno un vantaggio di 4 punti per essere certi della vittoria. “Per questo abbiamo anche coscienza che la nostra battaglia resta difficile. Io però continuo a crederci: in tutti i 160 distretti abbiamo un solo candidato contro quello di Fidesz e se riusciamo a portare più dell’80 per cento degli ungheresi al voto possiamo sperare di ottenere la maggioranza”, sottolinea Bana. Un risultato clamoroso che, al momento, sembra impronosticabile: per questo, come sostengono alcuni, un obiettivo più credibile per l’opposizione potrebbe essere quello di evitare che Orban ottenga un’altra schiacciante vittoria che gli consegni la maggioranza assoluta del Parlamento. “Certo, questo è un obiettivo realistico che sarebbe auspicabile ma per il momento non voglio pensarci. Credo ancora nella vittoria. Ne va del futuro dell’Ungheria”.

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