È un’insolita alleanza quella che ha portato oltre un migliaio di persone in marcia, a Genova, per consegnare all’Autorità Portuale una lettera con cui si chiede maggiore trasparenza e il blocco del transito di armi dal porto verso Paesi in guerra, nel rispetto della legge 185 del 1990. “Siamo qui per la pace e in solidarietà ai portuali che si rifiutano di caricare e lavorare con le navi che trasportano armamenti – ha sottolineato l’arcivescovo di Genova Marco Tasca – come già espresso il Papa hanno fatto bene ed è importante stare dalla loro parte, anche e soprattutto se vengono accusati e indagati per quello che fanno per contrastare il traffico di armi”. Rispetto all’invio di armamenti all’Ucraina, il vescovo di Genova ha ribadito la linea della Chiesa: “Non si contesta il diritto alla legittima difesa, ma le modalità con cui questa si debba portare avanti”.

Nessuna “equidistanza” tra aggrediti e aggressori, ma la richiesta di maggiori sforzi verso modalità alternative di prevenzione e contrasto all’escalation bellica, in Ucraina come in tutti gli altri scenari di guerra che in tutto il mondo vanno avanti e “fioriscono grazie al business delle armi”. A fianco ai vescovi di Genova e Savona, davanti alla cattedrale e una piazza San Lorenzo gremita, Josè Nivoi per il Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali ha ricordato l’incontro con il Papa avvenuto lo scorso giugno: “La prima cosa che ci ha detto è stata letteralmente di ‘continuare la nostra lotta’, ed è quello che stiamo facendo, condividendo questa strada senza paletti ideologici, contro i massacri e contro l’aumento delle spese militari”. In marcia assieme ai portuali del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, dalla cattedrale al palazzo dell’Autorità Portuale, una trentina di associazioni laiche e religiose, dalla Caritas all’Arci, passando per l’Anpi e l’Agesci, Emergency, Pax Christi e altre realtà storiche del pacifismo che si impegnano da anni per il disarmo e la riconversione dell’industria bellica.

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