In questo periodo in cui il tema pandemia non è più sulle prime pagine dei giornali, sostituito dalle ben note vicende belliche, si registrano però importanti novità circa la vaccinazione anti Covid-19 in età pediatrica, tema che da sempre mi sta particolarmente a cuore, su cui già a più riprese sono intervenuta e che qui intendo nuovamente affrontare. Sul sito della Commissione medico scientifica indipendente è infatti stato pubblicato un aggiornamento del precedente documento in cui si riportavano 16 motivi su cui riflettere prima di vaccinare i bambini, segnalandone altri otto, per cui sono ben 24 i punti su cui si intende attirare l’attenzione.

Alla luce infatti di informazioni rilevanti comparse negli ultimi mesi nella letteratura scientifica, la cautela verso questa pratica – purtroppo ancora ampiamente propagandata nel nostro paese – diventa indispensabile e sono fermamente convinta che dovremmo seguire l’esempio di altri paesi che invece hanno cambiato decisamente rotta. Ad esempio, in Svezia la vaccinazione in questa fascia di età non è consigliata perché, secondo l’Agenzia della Salute, i rischi sono superiori ai benefici; in Norvegia non esiste una raccomandazione per vaccinare i bambini perché “i bambini raramente si ammalano in modo grave e la conoscenza sugli eventi avversi rari o che possono manifestarsi a distanza di tempo dalla vaccinazione è limitata”. Altrettanta cautela vige nel Regno Unito, dove la vaccinazione è consigliata solo per i bambini tra 5 e 11 anni a rischio di serie complicazioni o conviventi con soggetti immunodepressi.

Inoltre, da quando la variante Omicron è diventata dominante, è vero che si sono registrate più infezioni tra i bambini, ma continuano a essere di norma lievi o asintomatiche e di ancor minore gravità rispetto a Delta. Anche nel nostro paese i ricoveri in terapia intensiva sono decisamente molto rari nella fascia pediatrica: (0-15 anni): dall’inizio della pandemia se ne contano 252 su oltre 2.200.000 diagnosi di Covid-19, ovvero 1 su 8700 e – facendo riferimento all’intera popolazione di questa fascia di età, pari ad oltre 8 milioni – si tratta di un ricovero su 33.000 circa bambini. Ricordo che le forme severe di Covid-19 riguardano quasi sempre bambini con altre patologie e in Germania nessun bambino “sano” (“without comorbidity”) tra 5-11 anni è morto di Covid-19.

Anche i rischi di Sindrome Infiammatoria Multisistemica (MIS-C) e long Covid, tanto enfatizzati per indurre i genitori a vaccinare i figli, hanno una rilevanza molto limitata: la MIS-C è rara (3,16 su 10mila bambini infettati con Sars-CoV-2 negli Usa, dove colpisce per lo più bambini neri, ispanici e asiatici rispetto ai bianchi, e molto rara in Germania: 1,7 su 10mila casi positivi). Negli Usa, il rischio annuo di ricovero per MIS-C nei bambini da 5 a 10 anni è stato circa la metà di quello di ricovero per influenza o per virus respiratorio sinciziale (come media annua di questi in un decennio) e stanno anche iniziando segnalazioni di MIS-C in bambini dopo la vaccinazione. Anche per quanto riguarda durata e gravità del long Covid non c’è allarme perché i sintomi sono simili a quelli degli strascichi che si possono verificare in comuni patologie virali, con numero di sintomi persino minore. Da segnalare poi che non sono disponibili cure per i bambini danneggiati da questi vaccini e che anche per loro vi sono utili terapie precoci per la Covid-19.

Infine – e questo è l’argomento decisivo che dovrebbe fare aprire gli occhi a chi insiste nella vaccinazione “universale” – i vaccini si sono rivelati inefficaci nel prevenire l’infezione sia nelle due settimane circa successive all’inoculo, sia nel medio termine, perché la protezione dall’infezione, che inizia dopo i primi 14 giorni, quasi si azzera a mesi di distanza dalla seconda dose, sino persino a invertirsi, perché i soggetti completamente vaccinati possono diventare addirittura meno protetti dall’infezione: si tratta di un dato evidentemente “scomodo” e riportato solo a pag 27, tabella S11, del materiale supplementare. A simili conclusioni era giunta anche, prima della variante Omicron, una ricerca di coorte basata sui registri dell’intera popolazione svedese che aveva confrontato coppie appaiate di quasi 843mila svedesi vaccinati con doppia dose con altrettanti svedesi non vaccinati, rilevando i casi di infezione sintomatica e di ricoveri/morte dal 12 gennaio al 4 ottobre 2021, con un follow-up totale arrivato fino a 9 mesi. L’efficacia pratica del vaccino Pfizer contro l’infezione sintomatica è svanita progressivamente, passando dal 92% nei giorni da 15 a 30 dopo la seconda dose fino alla perdita di un’efficacia significativa a partire dai 7 mesi.

Nello Stato di New York nei bambini di 5-11 anni la protezione dal ricovero, secondo questo studio in pre-print (vedansi figure 1 e 2), è diminuita al 48% un mese dopo la seconda dose, la protezione dall’infezione è crollata al 12% dopo un mese e si è addirittura invertita a soli 45 giorni, per cui i vaccinati si sono infettati il 30% in più rispetto ai non vaccinati! Da segnalare a questo proposito l’incoerenza nelle conclusioni perché gli autori, pur mettendo in evidenza che l’efficacia declina rapidamente, consigliano comunque la vaccinazione in questa fascia di età perché proteggerebbe dalla malattia grave. Ma – se come è ampiamente dimostrato l’infezione, specie con Omicron, non presenta rischi – che senso ha questa raccomandazione? Mai come oggi credo sia importante valutare i risultati “in autonomia” e trarre conclusioni coerenti con essi!

Ciò significa comunque che uno dei maggiori argomenti usati a favore della vaccinazione dei bambini – ridurre i rischi per anziani fragili ed eventuali compagni di scuola che non si possano vaccinare – si è rovesciato nel suo opposto dopo solo un mese e mezzo dalla seconda dose! Per non parlare della mortalità praticamente inesistente per Covid-19 fino ad oltre 30 anni di età (vedasi tab. 1, pg. 12), mentre i rischi della vaccinazione non sono affatto trascurabili.

Vorrei infine concludere con una nota positiva: il 4 marzo 2022 è stata emessa una importante sentenza da parte del Tribunale di Pistoia con la quale si è respinto il ricorso di una madre che aveva chiesto all’ufficio giudiziario l’autorizzazione a sottoporre i tre figli minori alla vaccinazione anti Covid contro la volontà dell’ex coniuge. Fra le altre motivazioni si legge testualmente che: “Il Tribunale non può ragionevolmente ritenere corrispondere al miglior interesse, anche medico, del minore la somministrazione dei preparati vaccinali attualmente in uso per la malattia da Sars-Cov-2”, riconoscendo che il rapporto rischi/benefici non è adeguato e osservando che: “i vaccini anti Sars-Cov-2 attualmente in uso in Italia, ossia il vaccino Comirnaty/Pfizer e Spikevax/Moderna, sono univoci nell’indicare nel proprio foglio illustrativo, messo a pubblica disposizione sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), con ultimo aggiornamento in data 23 febbraio 2022, che il vaccino non è raccomandato nei bambini di età inferiore a 12 anni”. Come si può ragionevolmente ritenere di sottoporre bambini sani ad un trattamento che le stesse aziende produttrici non consigliano?

“Perché stiamo vaccinando i bambini contro Covid-19?” questa la domanda che vorrei si ponessero, con cuore e mente aperta, i colleghi medici e ancor più i pediatri, nella speranza che le crescenti conoscenze epidemiologiche e cliniche li inducano a riflettere in modo adeguato: continuando a insistere con raccomandazioni che non hanno nulla di valido sul piano scientifico ed etico, temo venga minata in modo irreversibile la fiducia dei cittadini verso la nostra categoria, e anche questo è un prezzo non certo trascurabile che si va ad aggiungere ai tanti altri che questi due anni di pandemia ci hanno procurato.

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