Nel primo giorno di Ramadan, sabato 2 aprile, comincia in Yemen una tregua di due mesi. L’Onu ha annunciato l’accordo raggiunto tre le parti, che hanno accettato di fermare tutte le operazioni militari offensive aeree, terrestri e marittime all’interno del paese e oltre i suoi confini. “E’ un primo passo atteso da tempo”, ha spiegato l’inviato delle Nazioni Unite, Hans Grundberg, “tutte le donne, uomini e bambini yemeniti che hanno sofferto immensamente in oltre sette anni di guerra non si aspettano niente di meno che la fine di questo conflitto. E le parti devono realizzarla”.

L’accordo arriva al termine del terzo giorno consecutivo di colloqui tenutisi a Riad. La tregua entrerà in vigore alle ore 19: le parti hanno anche concordato che le navi da rifornimento entrino nei porti di Hudaydah e i voli commerciali operino dentro e fuori l’aeroporto di Sanaa verso destinazioni predeterminate nella regione. Grundberg ha sottolineato che “la tregua può essere rinnovata oltre il termine di due mesi con il consenso delle parti”, e invita le parti a “rispettare pienamente la tregua adottando tutte le misure necessarie per attuarla immediatamente”.

La guerra in Yemen era appena entrata nel suo ottavo anno: nel marzo 2015, infatti, cominciò l’intervento dell’Arabia Saudita per sconfiggere i ribelli sciiti Houthi che controllano la capitale Sana’a e la maggior parte dello Yemen settentrionale. Doveva essere un conflitto breve, prometteva il principe ereditario Mohammed bin Salman, invece si è trasformata nella più grave catastrofe umanitaria del secolo, secondo l’Onu. Le forze del regno degli al-Saud hanno lanciato quasi 25mila raid aerei in sette anni, mentre gli Houthi hanno sparato meno di 1.300 missili e droni nello stesso periodo. L’ultimo ha colpito vicino a Jedda, come i telespettatori di tutto il mondo hanno visto durante le qualifiche della Formula 1.

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