Cari amici russi: amici di lunga data, alcuni di voi, altri più recenti, e altri ancora che non conosco personalmente, amici nella mente e nello spirito”, comincia così la lunga lettera dello scrittore Jonathan Littell pubblicata su Il Corriere della Sera. Scrive della guerra in corso sul territorio ucraino e si rivolge direttamente ai cittadini che vivono all’ombra di Putin, ripercorrendo la storia della Russia, dagli anni ’90 a oggi, e rimarcando un punto per lui cruciale: “Non avete altra scelta. Se non vi muovete, sapete già come andrà a finire. Adesso è il momento della vostra piazza Maidan. Siate audaci e scaltri, pianificate la vostra strategia, e trovate un modo per farcela”.

Nessuno, scrive “fra voi è schierato con Putin e il suo regime di ladri e fascisti, è vero, per la maggior parte li odiate. Ma siamo sinceri: tranne che per pochissimi — quelli che lavorano per Memorial, Novaya Gazeta, Ekho Moskvy, Meduza, l’organizzazione di Navalny e uno sparuto manipolo di attivisti — quanti di voi hanno mai alzato un dito per opporsi al regime? Salvo forse sfilare di tanto in tanto per le strade, quando si organizzava qualche manifestazione? Potrebbe darsi, allora, che i vostri sensi di vergogna e colpevolezza non siano altro che un concetto astratto?”. E ricorda il passato, il passaggio del 1991 che ha spezzato l’Unione Sovietica: “C’è stato un periodo, negli anni Novanta, quando avete goduto di una certa libertà e di uno spiraglio di democrazia: caotica, certo, talvolta sanguinaria, ma vera. E invece il 1991 si è rivelato la fotocopia del 1917. Può fare vittime a milioni, il tiranno, eppure, per qualche motivo, per voi resta sempre la scelta più sicura”. Prosegue: “Quando vi è stata presentata la scelta tra il saccheggio del Paese e il ritorno dei comunisti, non avete pensato di battervi per imporre una terza opzione, ma avete chinato il capo davanti alle razzie”.

Descrive il Putin degli esordi come “Giovane, spavaldo, aggressivo”, un uomo che ha “giurato di annientare i terroristi e di rilanciare l’economia del Paese”. E racconta la guerra in Cecenia, di cui lui è stato testimone: Littell era fra i volontari sul campo e ha dedicato al conflitto il suo lavoro Cecenia, Anno III. “Talvolta provavo a raccontarvi qualcosa degli orrori che avevo visto laggiù, i civili torturati, i bambini massacrati, i soldati che restituivano alle famiglie i corpi dei caduti in cambio di soldi, e voi mi dicevate: «Jonathan, siamo stanchi di sentir parlare della tua Cecenia» . Ricordo ancora distintamente quelle parole. E allora andavo su tutte le furie” . Anni dopo è toccato alla Georgia: “Gran parte di voi ha preferito ignorare il conflitto o ha tenuto la bocca chiusa”.

Fino al 2011, quando “amici russi, vi siete finalmente svegliati”. È successo quando “Putin ancora una volta si è scambiato le poltrone con Medvedev, sistemandosi nuovamente sul seggio presidenziale, molti di voi hanno visto in quella mossa l’ennesima mascalzonata, e siete scesi in piazza a protestare. Navalny si è fatto conoscere nel Paese e per sei mesi avete affollato le strade, facendo tremare il regime, scuotendolo dalla base”. Seguono contromanifestazioni e arresti. “Alcuni si sono visti infliggere lunghe pene detentive. Ma il resto ha rinunciato ed è tornato a casa”, ricorda Littell, che infine arriva a Kiev: “Ebbene, guardate gli ucraini. Guardate quello che hanno saputo fare loro, due anni dopo di voi. Hanno occupato piazza Maidan, infuriati contro un presidente filorusso che aveva tradito la promessa di avvicinarli all’Europa”. La polizia ha reagito, ricorda, ma ” invece di scappare, la folla di Maidan è passata all’attacco. Ci sono state molte vittime, ma gli ucraini hanno vinto. Yanukovich è stato costretto alla fuga e il popolo ha riconquistato la democrazia, il diritto di scegliersi i governanti e di mandarli a casa se non mantengono gli impegni presi”. Oggi, più di otto anni fa, gli ucraini “Incarnano un esempio terrificante per il regime di Putin: stanno dimostrando che è possibile opporsi a lui con le armi in pugno”.

La figura di Putin torna a brillare, scrive Littell, dopo la presa della Crimea nel 2014: “Di colpo, ecco emergere un nuovo mito, e alcuni di voi, che fino ad allora avevano disprezzato Putin e la sua claque, si sono ricreduti e hanno cominciato a venerarlo”. Ma lo scrittore avverte dei pericoli di questa inversione di rotta: “Sono convinto che siete ben consapevoli di questo: quando Putin avrà finito con gli ucraini — e peggio ancora, se non riuscirà a massacrarli tutti, come pare assai probabile — si accanirà su di voi“. E quindi chiede un altro, definitivo, risveglio: “Mi rivolgo a voi, amici miei: a coloro che hanno avuto il coraggio di scendere in strada a protestare, spesso individualmente, e hanno ricevuto per adesso solo pene leggere, sappiate che ben presto ne riceverete di ben più pesanti (…) Chi potrà protestare per voi, se non resterà più nessuno?”. Quindi presenta la possibilità di “Rovesciare finalmente questo regime. È probabile che ci vorrà meno di quello che immaginate, nella situazione attuale. Riflettete. La scintilla non verrà da voi. Con la catastrofe economica che sta per travolgere la Russia, l’innesco verrà dalle province, dalle città minori: quando i prezzi schizzano verso l’alto e gli stipendi non vengono più corrisposti, tutti coloro che hanno votato per Putin in questi lunghi anni, perché prometteva pane e pace, scenderanno nelle strade. Putin lo sa, e teme gli intellettuali e il ceto medio di Mosca e di San Pietroburgo: vale a dire voi, cari amici”. E chiude: “Adesso è il momento della vostra piazza Maidan. Siate audaci e scaltri, pianificate la vostra strategia, e trovate un modo per farcela”.

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