È ormai trascorso quasi un mese dall’inizio della guerra in Ucraina che ha scaraventato il mondo in una nuova fase di rapporti tra nazioni. Cosa vuole la Russia e cosa dobbiamo aspettarci per il futuro a breve e a lungo termine? Ne parliamo con il professor Giulio Sapelli, storico dell’Economia, consigliere della Fondazione Mattei, autore di numerosi saggi (da ultimo “Nella storia mondiale. Stati mercati guerre” edito da Guerini) e grande esperto di geopolitica che in passato ha avuto modo di incontrare personalmente il presidente russo Vladimir Putin.

Professore cosa vuole Putin e su quali base accetterà di sedersi a un tavolo per cessare le ostilità?

Putin vuole la neutralizzazione dell’Ucraina e vuole la non contendibilità del mar Nero. Ha quindi bisogno di controllare il Donbass e Odessa. Ne ha bisogno perché la Russia si pensa come potenza euroasiatica, dal Pacifico fino a quel lago dell’Atlantico che è il Mediterraneo. È presente in Siria e condivide il dominio della Libia dopo che, con l’assassinio di Gheddafi, lo stato italiano è stato espulso dal paese. L’invasione dell’Ucraina non è una mossa avventata, è coerente con una strategia che tuttavia viene ora applicata in modo errato. Con l’invasione Putin si è completamente schierato dalla parte del torto ma se si vuole percorrere la via delle trattative l’obiettivo della neutralità di Kiev dovrà essergli concesso.

La Russia ha superato un punto di non ritorno oppure una fine delle ostilità in Ucraina potrebbe avviare un lento ritorno alla “normalità”?

No, dobbiamo mettere in conto anni difficili. Putin non si fermerà e continuerà a cercare di destabilizzare i paesi che un tempo erano parte dell’Unione Sovietica. Mosca sta cercando al contempo di fare questo e di estendere il suo potere sul Mediterraneo cercando nel frattempo di tenere buona la Cina. In prospettiva non credo ad un avvicinamento tra Mosca e Pechino, anzi la Cina ha delle mire sulla Siberia, che ormai è abbandonata. Andiamo verso un periodo di instabilità, pericoloso.

Ma Mosca ha la forza per farlo?

Io sono convinto che la Russia stia attraversando una crisi epocale e che il paese sia incamminato verso un inesorabile declino. Ormai è un paese sottosviluppato che vive dell’esportazione di materie prime. Per quanto riguarda le tecnologie dipende ormai completamente dall’estero, il paese che è stato a lungo vincente nella corsa allo spazio, oggi non è neppure in grado di costruirsi da solo un drone. Quindi no, non ha la forza economica per farlo, quella in Ucraina è la mossa di un paese disperato che cerca di evitare un destino segnato.

Con queste premesse le sanzioni economiche possono essere uno strumento efficace per fare pressioni su Mosca?

Ma quando mai si è fatta politica con le sanzioni? Sono sbagliate e lo sono per il semplice fatto che, come la storia insegna, producono l’effetto opposto a quello che si prefiggono ossia rafforzano i regimi invece di indebolirli, il caso iraniano è lampante ma se ne potrebbero citare molte altri. Si stabiliscono sanzioni salvo poi correre da Maduro quanto il suo petrolio torna comodo, ma che credibilità può avere in questo modo la diplomazia? Altra follia è l’invio di armi all’Ucraina. Ma pensate che una volta finita la guerra le restituiscano? Davvero vogliamo avere gente che si spara con i lanciarazzi nel cuore dell’Europa? L’Ucraina è sempre stata una nazione multi etnica, multi linguistica, e si sono sempre combattuti tra di loro. Chi legge di Gogol capisce tutto… Usa e Ue stanno facendo esattamente quello che non dovrebbero fare.

Ma cosa fare allora?

La Nato dovrebbe mostrare i muscoli, fare vedere che ha un esercito, schierarlo lungo i confini. L’unico modo per mantenere e ripristinare la pace è la minaccia della guerra.

In quest’ottica come giudica la storica decisione tedesca di alzare significativamente le sue spese militari?

La vedo con favore, come un fattore di stabilizzazione. Per quanto io sia molto critico con le sue politiche economiche la Germania è un paese pienamente democratico. Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea Berlino e Parigi potrebbero dare forma al primo nucleo di quello che dovrebbe poi diventare un esercito europeo.

Qualcuno spera che una risposta venga dagli anticorpi del sistema russo…

Si è dato troppo poco risalto ad alcune iniziative della dissidenza interna. L’Associazione dei giovani diplomatici, allievi di Primakov, l’Associazione dei matematici russi, hanno entrambe preso posizioni contro l’invasione. Conosco il mondo della dissidenza russa, è gente determinata e tenace, più intelligente di chi è al governo. Devono essere sostenuti.

Ogni giorno l’Europa paga a Mosca circa 800 milioni di dollari per comprare gas e petrolio. I paesi europei dovrebbero rinunciare alle forniture russe?

Premesso che non credo ci sia la piena consapevolezza di cosa questo significherebbe in termini di ricadute pratiche, no, non eccitiamo il toro. L’industria energetica non si è mai fermata nel corso dei conflitti, il gasdotto Nord Stream 2 ora congelato e che collega Russia e Germania dovrebbe essere messo in funzione.

Teme un’escalation nucleare?

Il nucleare è una minaccia costante da quando si sono abbandonati i trattati di non proliferazione favorendo paesi come il Pakistan. Non c’è una volontà di utilizzare la bomba atomica, neppure in Ucraina. Ma il rischio di incidenti è altissimo perché nel mondo ci sono troppi ordigni.

Nato ed Europa hanno sbagliato ad includere tra i loro membri i paesi che confinano con la Russia?

Sì, questo è stato un errore epocale che ha drammaticamente accentuato il senso di accerchiamento di Mosca. Così si è passati da una gestione diplomatica dei rapporti con l’Occidente a quella che io definisco una trattativa armata. Henry Kissinger la giudicava una scelta sciagurata e io sono pienamente d’accordo con la sua visione. Ma ormai, naturalmente, tornare indietro è impossibile.

Professore, Lei in passato ha avuto modo di incontrare personalmente Vladimir Putin. Che impressione le fece?

Fino al 2012 ho preso parte agli incontri annuali che l’agenzia russa Novosti organizzava con giornalisti e intellettuali occidentali. Incontravamo i ministri, i vertici delle principali autorità e poi si andava nella dacia di Putin che era estremamente spartana. Ricordo un uomo molto diverso da come appare oggi, camminata militaresca, estremamente amichevole e aperto. Si coglieva però la provenienza dal Kgb. Mi ricordo che mi chiese “Professore ma Lei non parla mai?” Io risposi che non parlavo perché ascoltavo. A quel punto gli chiesi se quello con il presidente Medvedev fosse un semplice gioco delle parti o qualcosa di più. La risposta mi stupì molto perché Putin affermò che si trattava di una contrapposizione assolutamente reale. Usando una terminologia marxista mi spiegò che lui e Medvedev erano espressione di due formazioni economico sociali differenti.

Medvedev sosteneva una subalternità della Russia al capitalismo occidentale mentre lui era a favore di un ripristino del ruolo dello stato in economia e in politica. Putin si è sempre posto come missione quella di rimediare ai quelli che considerava i disastri della presidenza di Boris Eltsin (dal 1991 al 1998, ndr) quando interi pezzi del paese furono svenduti in quella che è diventata una cogestione capitalistica del paese con gli stati occidentali e le monarchie del petrolio. Chiesi poi a Putin cosa pensasse della teoria espressa dall’australiano Paul Dibb nel libro “Uncompleted Superpower” in cui viene descritta un’ Unione Sovietica impegnata durante le guerra fredda in uno sforzo non sufficientemente supportato dalla sua capacità economica. Mi rispose che condivideva questa tesi “almeno in parte”.

Cosa vede oggi di diverso rispetto al Putin di allora?

Mi pare che siano venuti meno consiglieri capaci e autorevoli. Oggi pare che si affidi molto al filosofo Aleksandr Gel’evič Dugin. Mi preoccupa molto questa deriva mistico religiosa che ricorda un po’ le ultime fasi di Adolf Hitler circondato da gente che credeva nei poteri del Sacro Graal (dopo la caduta dell’Urss il peso della chiesa ortodossa nelle gerarchie militari, specialmente quelle incaricate della gestione dell’arsenale nucleare, è cresciuta esponenzialmente, ndr). Allo scoppio della guerra peraltro ha contribuito, credo in modo determinante, anche la spaccatura tra le chiese ortodosse russa e di ucraina. Ma del resto, più in generale, non potevamo sperare che da quel mostro che era l’Unione sovietica nascesse un bel bambino. Solo che mentre l’Unione Sovietica era mossa da una logica di potenza emanazione dell’illuminismo oggi è figlia dell’irrazionalismo. Se Putin non viene in qualche modo eliminato dobbiamo abituarci ad un lungo periodo di forti tensioni.

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