All’Università di Pisa continuano le proteste da parte degli studenti: dopo l’assemblea studentesca del 18 marzo, è stato occupato il Polo Carmignani, una delle sedi centrali dell’ateneo toscano. Tra i problemi che hanno portato a questa decisione ci sono i tagli effettuati dalla Regione ai contributi per gli iscritti, come si può leggere da un comunicato rilasciato da Sinistra Per, sindacato studentesco indipendente: “La recente decisione della Regione Toscana di non erogare più i contributi per il diritto allo studio, per recuperare le risorse tramite fondi Pnrr, è inaccettabile e pericolosa. Alla meglio, viene detto nella relazione prodotta dall’Azienda regionale di Diritto allo Studio, i servizi erogati rimarranno gli stessi di adesso, alla peggio assisteremo all’ennesimo taglio sul diritto allo studio“. A partire dalla fine del lockdown, nel 2020, gli studenti avevano manifestato più volte il timore per le conseguenze economiche che la pandemia avesse riportato su diverse famiglie, chiedendo un supporto da parte dell’Università per garantire un proseguimento degli studi a tutti. Il taglio della Regione Toscana rischia di rendere il percorso universitario ancora meno accessibile: “Qualora la Regione fallisse nei suoi intenti i risultati sarebbero disastrosi: entro il 2024 si stima un taglio di circa un quarto delle borse di studio, di 650 posti alloggio, oltre alla riduzione dei servizi e ristrutturazione della loro erogazione”.

Gli studenti hanno scritto una lettera aperta alle istituzioni: al rettore Paolo Mancarella, al sindaco di Pisa Michele Conti, al presidente della Regione Eugenio Giani, alla ministra dell’Università Maria Cristina Messa, chiedendo delle risposte concrete per salvaguardare il diritto allo studio. Le proteste, infatti, arrivano anche dalle università di Siena e Firenze. In questi giorni di occupazione, i sindacati di ateneo come Sinistra Per hanno organizzato diverse attività all’interno del Polo Carmignani: un’aula studio aperta 24h su 24, dibattiti e assemblee ma anche cineforum e swap party, una sorta di “feste del riuso”. Oltre al problema delle borse di studio, rimane aperta anche la questione tasse che incide sul numero di iscritti: “Le tasse sono aumentate del 60% tra il 2005 e il 2015 e il numero di iscrittз è diminuito di circa il 4,8% se confrontiamo le persone immatricolate del 2019 con quelle del 2008. A poco sono serviti i finanziamenti straordinari effettuati tra il 2020 e il 2021” si legge nella lettera aperta. “Esiste un legame intrinseco tra mezzi economici (diretti e indiretti) a disposizione e performatività negli studi: è giunto il momento di metterlo al centro della discussione sul modello universitario che ci immaginiamo per il futuro”.

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