Gli Stati Uniti stanno cercando di mettere in difficoltà la Cina ed evitare che Pechino diventi la via di fuga della Russia per aggirare la sanzioni imposte dal blocco Nato. Dall’altra parte, l’atteggiamento della Repubblica Popolare è tutt’altro che attendista, impegnata com’è a mantenere un equilibrio che non causi gravi danni sia al suo piano di penetrazione in Occidente che alla partnership con Mosca. L’incontro che si è tenuto a Roma tra il consigliere della Sicurezza Nazionale americano, Jake Sullivan, e il capo della diplomazia del Partito Comunista Cinese, Yang Jiechi, racconta proprio questo, secondo l’analista esperto di Cina Giorgio Cuscito: “Washington cerca di mettere in difficoltà Pechino che però non può scaricare la Russia. Sarà un gioco di equilibri nel quale, però, la Cina non è disposta a morire per Mosca“.

Un elemento positivo, mentre l’incontro romano tra gli emissari di Usa e Cina è ancora in corso, c’è già, spiega l’analista: “Il fatto che il colloquio duri così a lungo può voler dire che è serio e intenso”, spiega l’analista a Ilfattoquotidiano.it. Ma il meeting offre soprattutto spunti sulle reali intenzioni delle due parti e dimostra anche un ruolo non marginale ricoperto da Roma nel dossier ucraino. “Gli Stati Uniti proveranno a incrinare il rapporto tra Pechino e Mosca chiedendo innanzitutto al gigante asiatico di non diventare elemento di compensazione degli effetti delle sanzioni, oppure una via di fuga per aggirarle. Un rapporto, quello tra Russia e Cina, che nonostante le dichiarazioni sulla loro ‘amicizia senza limiti’ ha già subito un duro colpo con l’invasione dell’Ucraina. Questa pressione americana è più evidente se si guardano le notizie fatte trapelare dall’intelligence Usa, e prontamente smentite dalle due parti, secondo le quali la Russia ha chiesto supporto economico e militare alla Cina prima dell’invasione”. Anche se, secondo quanto sostiene il Financial Times, per gli Stati Uniti Pechino ha segnalato la sua disponibilità a fornire assistenza militare nelle ultime ore.

Anche se il rapporto tra Cina e Russia non può essere definito un’alleanza, per Pechino rompere con la Federazione sarebbe un problema, soprattutto perché Xi Jinping in persona si è esposto al termine dell’incontro con Vladimir Putin nella giornata inaugurale dei Giochi Olimpici, ribadendo lo stretto legame tra i due governi. “Difficilmente questo legame sarà rinnegato – spiega Cuscito – perché è proprio questo che aumenta la sua capacità negoziale con gli Stati Uniti una volta che le due potenze si siederanno al tavolo, soprattutto sulla guerra commerciale e sul dossier Taiwan“.

La volontà di Xi Jinping, che vede la crisi ucraina come un ostacolo ai suoi progetti in un momento delicatissimo, ossia a pochi mesi dal Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese del prossimo autunno, quando vorrà riconfermare e rafforzare la propria leadership, è quella di trovare una sintonia, un equilibrio tra la necessità di non compromettere la propria penetrazione in Occidente e, allo stesso tempo, i suoi legami con Mosca: “Questa situazione – aggiunge l’analista – ha un effetto destabilizzante che potrebbe essere usato da eventuali contestatori in vista del prossimo Congresso del Pcc. Su questo si basa la strategia americana, costringere la Cina a scegliere. Pechino lo sa e per questo non è affatto passiva, ma sta invece cercando di trovare una soluzione al conflitto. Più va avanti la guerra, più la Cina rimane in una posizione intermedia tra i due contendenti e più viene compromessa la sua immagine in Occidente, già messa a dura prova dal Covid e dalla maggiore attenzione dei governi europei sulla penetrazione economica del Drago. Inoltre, Ucraina e Russia sono anche territori dai quali passano i canali della Belt and Road Initiative, le Nuove Vie della Seta, che adesso ha dovuto subire un brusco stop”.

Certo è che l’invasione di Mosca non è piaciuta a Pechino: “Se la Cina è rimasta ambigua sul piano diplomatico, almeno per adesso, è comunque riuscita a far trapelare il proprio malcontento – continua l’esperto – per un’azione contraria ai propri interessi domestici. Innanzitutto, la Repubblica Popolare non può permettersi di associare la propria immagine a un’invasione, sia internamente che in Occidente. Inoltre, riconoscere le autoproclamate repubbliche del Donbass creerebbe un precedente pericoloso per le aspirazioni indipendentiste e autonomiste che il governo cinese sta continuando a combattere. Infine, in Ucraina vivevano oltre 6mila cittadini cinesi e il mancato preavviso ha indispettito non poco l’establishment cinese”.

Ciò che è certo, però, è che né Washington né Mosca hanno intenzione di lasciare a Pechino il ruolo di grande mediatore, conclude Cuscito. Adesso gli Stati Uniti tentano di metterla in difficoltà minando i rapporti con Putin. Al momento questo non sembra però possibile: “Ma Pechino non è disposta a morire per Mosca”.

Twitter: @GianniRosini

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