L’incendio della casa di campagna del sindaco che aveva iniziato la repressione contro gli allacci abusivi alla rete idrica. I tre colpi di pistola contro l’auto del consigliere comunale che non votava secondo i desiderata della cosca. Ma anche il pascolo abusivo in zone sottoposte a vincolo paesaggistico. Quindici indagati, sette arresti in carcere e due ai domiciliari. La Dda di Reggio Calabria ha scoperto una nuova “locale” di ‘ndrangheta nella Locride. Il blitz è scattato stamattina all’alba quando i lampeggianti dei carabinieri hanno illuminato Stilo, il Comune dell’alto Jonio reggino sciolto per infiltrazioni mafiose nel maggio 2019.

Lo stesso mese in cui si è reso irreperibile il boss Fernando Spagnolo, poche settimane prima di essere condannato all’ergastolo per l’omicidio di Marcello Geracitano, consumato il 16 gennaio 2005. Quella sentenza è stata confermata lo scorso settembre dalla Corte di Cassazione. C’è anche lui, latitante ormai da quasi 3 anni, nell’elenco degli indagati per i quali il giudice per le indagini preliminari, Giovanna Sergi, ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Giuseppe Lombardo e dei pm Simona Ferraiuolo, oggi trasferita a Milano, e Domenico Cappelleri. A 67 anni, Fernando Spagnolo ha il “ruolo di vertice del gruppo mafioso di Stilo”. L’operazione “Doppio sgarro” ha decimato la sua famiglia federata ai Taverniti, altro clan di ‘ndrangheta operante nel territorio di Gerocarne, nel vibonese. In carcere, infatti, sono finiti il figlio Ilario Spagnolo, il nipote Gesen Spagnolo e il genero Giuseppe Furina. Tutti quanti, per i pm, facevano parte della cosca di Stilo. Oltre all’associazione a delinquere di tipo mafioso, la Dda contesta pure altri reati tra cui il traffico di droga.

L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata anche a Cosimo Panetta, Giuseppe Tassone, Cosimo Tassone e Cosimo Leotta. Quest’ultimo ha la dote del “vangelo” ed è accusato di essere affiliato ai “Ruga-Gallace-Leuzzi”, storica cosca operante nell’alto Jonio reggino e nel basso catanzarese. Negli immobili di sua proprietà, stando alle indagini, si sarebbero svolti alcuni riti di affiliazione alla ‘ndrangheta. Francesco Aiello e Diego Tassone, invece, sono finiti agli arresti domiciliari mentre altre cinque persone sono indagate a piede libero. Tra questi c’è Giorgio Domenico Candido, in passato ritenuto “uomo di fiducia” del boss Andrea Ruga. Candido è accusato di aver incaricato l’indagato Cosimo Panetta di sparare nel febbraio 2018 l’auto del nipote Vincenzo Sorgiovanni. Quest’ultimo, all’epoca consigliere comunale di minoranza del Comune di Stilo, aveva avuto la “colpa” di aver votato un paio di volte assieme ai consiglieri di maggioranza contrariando così lo zio indagato per il quale il gip non ha accolto la misura cautelare.

Nello stesso anno, a giugno, la casa di campagna dell’allora sindaco Giancarlo Miriello è stata distrutta da un incendio che, secondo gli investigatori, sarebbe stato voluto dal capocosca Spagnolo per costringerlo “a non proseguire azioni di repressione contro gli allacci abusivi alla rete idrica”. La cittadina della Locride era praticamente soggiogata ai voleri del boss che, assieme al figlio, faceva pure pascolare le capre nella “pineta del Monte Consolino” e addirittura su un antico “castello medioevale”, un’area sottoposta a vincolo paesaggistico e considerata principale attrazione turistica del centro storico di Stilo.

Il gip Giovanna Sergi non ha dubbi e nell’ordinanza di custodia cautelare scrive che le cosche dello Stilaro coinvolte nell’inchiesta sono “interessate a garantirsi il controllo del territorio con la solita metodologia delle imposizioni e dei condizionamenti violenti anche all’attività amministrativa pubblica, da tempo ormai si sono rese artefici della condizione di grave depressione che governa quelle aree calabresi, in tutto asservite alla prepotenza mafiosa che impone le proprie regole e opprime la popolazione con la violenza”. Nell’ordinanza di custodia cautelare, c’è scritto che l’inchiesta “Doppio sgarro” è riuscita non solo “a fotografare la tracotanza di una ‘ndrangheta che non ammette espressioni di ribellione e men che meno di titubanza”. Ma gli accertamenti dei carabinieri hanno consentito di “attribuire quella spavalderia criminale a soggetti ben determinati, a carico dei quali può dirsi raggiunto un quadro di gravità indiziaria pieno e inequivoco”. Uno di questi soggetti è proprio il boss Fernando Spagnolo descritto dal gip come “un uomo di elevata caratura criminale” che negli anni ha fatto carriera “in seno al contesto mafioso imperante nello Stilaro”.

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