Restare all’interno delle abitazioni, tenere porte e finestre chiuse e sistemi di ventilazione. Ma anche “iodoprofilassi“, monitoraggio della contaminazione personale, controllo della filiera produttiva – con eventuali stop alla commercializzazione di prodotti agroalimentari – e limitazione all’importazione di beni e derrate alimentari. Sono le misure previste dalla bozza del nuovo Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche nucleari firmata da Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile.

Il piano, secondo questa bozza, si sviluppa in 3 fasi, considerate in base all’evoluzione dello scenario incidentale considerato ed è tarato su varie tipi di incidente con differenze tra un impianto posto entro 200 km dai confini nazionali e uno oltre quella distanza oppure per un incidente in territorio extraeuropeo. Nell’ultima delle tre fasi, definita “di transizione“, sono avviate le azioni di rimedio e di bonifica dei territori contaminati, e la gestione dei materiali contaminati prodotti durante l’emergenza.

Nelle aree interessate dalla misura del riparo al chiuso sono attuate in via precauzionale una serie di ulteriori misure protettive: “Blocco cautelativo del consumo di alimenti e mangimi prodotti localmente (verdure fresche, frutta, carne, latte), blocco della circolazione stradale, misure a tutela del patrimonio agricolo e zootecnico“. Tra i vari compiti delle autorità competenti, ci sono anche comunicazioni tempestive alla popolazione il tempo di inizio e la durata della misura di riparo al chiuso, istruzioni specifiche alle scuole, far fronte ai bisogni primari della popolazione (cibo, acqua, assistenza sanitaria, energia, ecc.). L’indicazione di restare in luoghi chiusi è comunicata alla popolazione dal Dipartimento della Protezione Civile.

Nel documento si forniscono anche indicazioni per la iodoprofilassi, “una efficace misura di intervento per la protezione della tiroide, inibendo o riducendo l’assorbimento di iodio radioattivo, nei gruppi sensibili della popolazione”. Secondo il Piano, “il periodo ottimale di somministrazione di iodio stabile è meno di 24 ore prima e fino a due ore dopo l’inizio previsto dell’esposizione. Risulta ancora ragionevole somministrare lo iodio stabile fino a otto ore dopo l’inizio stimato dell’esposizione. Da evidenziare che somministrare lo iodio stabile dopo le 24 ore successive all’esposizione può causare più danni che benefici (prolungando l’emivita biologica dello iodio radioattivo che si è già accumulato nella tiroide). La misura della iodoprofilassi è quindi prevista per le classi di età 0-17 anni, 18-40 anni e per le donne in stato di gravidanza e allattamento. Il ministro della Salute può decidere l’attivazione delle procedure per la distribuzione di iodio stabile nelle aree interessate”.

Nell’immagine in alto: la centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, attaccata il 4 marzo 2022 dalle forze armate russe

Articolo Precedente

8 marzo, Mattarella: “Opporsi alla guerra comporta un prezzo per l’economia. Non farlo? Peggio”. E dedica il discorso alle donne ucraine

next
Articolo Successivo

Il nipote di Antonio Gramsci: “Sono un moderato sostenitore di Putin. Nella Russia di oggi non ci sono valide alternative”

next