Con l‘invasione dell’Ucraina da parte della Russia gli eurobond tornano sul tavolo dei leader europei. A due anni dal faticoso dibattito sui “coronabond sfociato nell’emissione di titoli comuni per finanziare il Recovery plan, alle viste ci sarebbe un piano di emissione di eurobond “su larga scala”. Stavolta per sostenere le crescenti spese per energia e difesa legate alla guerra. Secondo l’agenzia Bloomberg i tecnici sono al lavoro per mettere a punto un progetto da presentare dopo il prossimo summit dei capi di Stato in programma a Versailles per il 10-11 marzo. Martedì mattina è bastata l’indiscrezione – poi smentita dal vice presidente della Commissione Ue Franz Timmermans – per far girare decisamente al rialzo i listini dell’Europa meridionale, Madrid e Milano, e far scendere all’1,5% i rendimenti dei titoli di Stato italiani, con relativo calo del differenziale Btp-Bund sotto i 150 punti. La chiusura però è stata quasi piatta, dopo che Timmermans ha spento gli entusiasmi. Va da sé che trovare un accordo su nuovo debito comune sarebbe tutt’altro che una passeggiata, nonostante la tensione geopolitica alle stelle e le oggettive difficoltà delle economie di tutti i Paesi membri alle prese con inflazione in ulteriore rialzo e forti problemi di approvvigionamento delle materie prime.

L’importo e la struttura dell’operazione, secondo le fonti di Bloomberg, sono ancora da decidere, ma il modello potrebbe essere quello del programma Sure con cui è stata coperta la spesa per gli ammortizzatori sociali nei Paesi colpiti dalla pandemia. Quindi la Commissione andrebbe sul mercato per raccogliere risorse (a tassi molto bassi grazie al suo rating elevatissimo) a fronte di garanzie offerte dagli Stati membri in proporzione al loro pil. Politico.eu, che già il 2 marzo aveva anticipato come l’emissione di nuovo debito comune fosse tra le opzioni in fase di analisi, aveva ricordato che i trattati europei consentono all’Ue di fornire assistenza finanziaria ai Paesi membri “a fronte di circostanze eccezionali fuori dal controllo dell’Unione” e “in particolare se sorgono serie difficoltà nella fornitura di determinati prodotti, specialmente nell’area dell’energia”. Ma un diplomatico sentito dalla testata aveva anche avvertito che “è meglio guardare agli strumenti esistenti piuttosto che mettersi a litigare su altri soldi”. Resta in campo dunque anche la possibilità che gli Stati che non hanno chiesto la totalità dei prestiti a cui avrebbero diritto nell’ambito del Next Generation Eu siano invitati a chiedere maggiori finanziamenti attraverso quel canale. Questo però varrebbe per tutti tranne l’Italia, che ha già chiesto l’intero plafond.

E’ di lunedì scorso la dichiarazione del commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni che ha indicato la necessità di “concentrarsi su ulteriori impegni e iniziative“, evitando di “riorientare la Recovery and Resilience Facility”. L’ex premier italiano ha evocato un “meccanismo di compensazione” per i possibili problemi futuri di forniture energetiche.

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