“Mi aspetto che continui lenta, inesorabile, l’avanzata lungo le sponde del Dnepr. Da Sud i russi stanno risalendo, da Nord stanno scendendo: completate queste operazioni, tutte le truppe ucraine a Est del fiume saranno circondate, senza possibilità di rifornimento: allora la Russia potrà sedersi a quel tavolo e negoziare da una posizione di forza. Che non punta a impadronirsi dell’Ucraina o a devastarla, ma ad avere garanzie sui propri confini orientali”. Dietro la tattica bellica, oltre le immagini che tolgono il fiato, c’è chi si sforza di cogliere ancora il barlume di una qualche strategia politica. Gianandrea Gaiani lo fa da 35 anni, prima come corrispondente di guerra dal 1991 al 2014 e dal 2000 come direttore della rivista specializzata Analisi Difesa.

Cosa vede dietro l’avanzata dei russi?
L’idea che i russi dopo una settimana siano “col fiato corto” non è militarmente seria. Se non bombardano, ma avanzano lentamente, è perché non hanno mai chiamato “guerra” l’operazione in Ucraina. Per loro quello è un “popolo fratello”, ci sono 10 milioni di ucraini col doppio passaporto. Non hanno alcun interesse a prendere un Paese devastando le città e ammazzando indistintamente civili. Non è un caso che l’Onu, ancora l’altro giorno e dopo sei di bombardamenti, abbia riferito che i morti erano 406, che è un numero molto limitato rispetto alle forze dispiegate dal Cremlino.

E allora perché sentiamo dire che “l’incursione rapida” è fallita?
Si discute tanto di questo, ma forse ci si dimentica che gli americani, insieme agli inglesi, hanno impiegato un mese e mezzo per prendere l’Iraq di Saddam Hussein. Oppure che la Nato ha bombardato per 70 giorni di fila la piccola Serbia per farla ritirare dal piccolo Kosovo. Adesso: che i russi possano entrare in tre giorni in un Paese così grande, con 44 milioni gli ucraini… Quello che si vede, tecnicamente parlando, è che Putin non ha interesse a spingere troppo: le sue truppe circondano le città, cercano di indurre le guarnigioni locali ad arrendersi.

La distruzione può essere maggiore?
Non c’è dubbio, basta guardare il potenziale bellico impiegato sul campo. I russi colpiscono obiettivi militari, di notte quando c’è il coprifuoco, per limitare le vittime. Se s’infilassero in una città di 3 milioni di abitanti, farebbero una carneficina che non ha un senso.

E allora, di preciso, dove vogliono andare a parare?
L’obiettivo per loro è guadagnare “profondità strategica”. I russi hanno tutto l’interesse ad ampliare i territori delle “Repubbliche”, che hanno definito tali, di Donetsk e Lugansk e che puntano a completare. Se guardate la mappa, i territori che i russi hanno preso nell’Est, e giù il ricongiungimento di Mariupol, si vede: vogliono congiungere Donbass a Crimea, e queste sono le condizioni che la Russia pretenderà da Kiev. Che accetti che queste regioni siano amministrate, magari non dai russi, ma da amministrazioni locali ucraine filo-russe. Per loro togliere il porto agli ucraini significa togliersi il rischio che domani ci siano basi navali Usa o Nato. Finora, noi non ce ne siamo occupati, la Nato ha respinto le richieste russe e i russi han fatto un’operazione militare che io stesso non immaginavo, perché le conseguenze politiche ed economiche internazionali erano maggiori vantaggi.

Sta dicendo che Putin sfiora la guerra totale, infligge immani sofferenze, per un fazzoletto di terra?
Capisco che sia difficile da comprendere per noi. I russi, a differenza degli europei, considerano la guerra ancora un’opzione per tutelare gli interessi nazionali. Noi europei siamo disposti a tutto pur di non farla. Per loro è solo un’estrema opzione. Nella loro visione strategica, è possibile l’abbiano considerata un’alternativa ragionevole a una guerra ben peggiore, da combattere tra un anno con la Nato.

E che condizioni immagina siano “irrinunciabili”?
Credo che la condizione politica che chiederanno a Kiev sia quella di impegnarsi ad essere “neutrali”, che significa non per forza lontani dalla Ue ma dalla Nato sì. Un’opzione tipo Austria, che è neutrale nel senso che non è nella Nato ma nella Ue. Chiederanno a Zelenski di riconoscere che la Crimea è stata per un periodo ucraina, ma è tornata ad essere russa “legittimamente”. Queste potrebbero essere le condizioni.

E dall’altra parte?
Zelenski intanto potrebbe sopravvivere, che non era scontato all’inizio. E potrebbe accettare perdite territoriali rivendicando il fatto che l’Ucraina ha dovuto accettare condizioni pesanti, ma da sola, senza l’Occidente che ha dato una “pacca sulla spalla”. Potrà rivendicare che il suo Paese ha combattuto da solo i russi e di averlo fatto “con onore”, perché i russi glielo riconoscerebbero. Contro la Russia, del resto, non potrebbe fare di più. La capitolazione arriverà. E un accordo così potrebbe essere soddisfacente per tutti. Non fa cadere Zelenski automaticamente, giacché i russi non pretendono più che se ne vada.

E come reagirebbe la popolazione ucraina?
E’ chiaro che qualunque accordo a Kiev provocherebbe disordini, proteste perché i gruppi nazionalisti di estrema destra che sono oltranzisti vedrebbero come una resa qualunque cessione di territori. Ma, del resto, la sconfitta senza la Nato in campo non sarà oggi o domani ma è già nell’aria, si vede. I russi stanno avanzando e non c’è un contrattacco ma una resistenza che sta cedendo in più punti. I russi vanno molto piano perché aspettano che dall’altra parte finiscano le munizioni e la voglia di combattere. Anche perché i soldati ucraini non ricevono il cambio e se dopo una settimana sei alla frutta non hai capacità di combattere.

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