Le big dell’hi-tech da Youtube a Twitter fino ad Apple vanno in guerra contro Mosca, anche tagliando i servizi agli utenti russi o chiudendo le proprie sedi all’ombra del Cremlino. Mentre le autorità della Russia mettono il bavaglio ai principali media indipendenti, colpendo il canale televisivo Dojd e la stazione radio Echo of Moscow, che trasmetteva ininterrottamente dal 1990 ed era un simbolo di libertà dopo il crollo dell’Unione Sovietica nonché ora emblema del dissenso all’invasione decisa da Vladimir Putin. “L’ufficio del procuratore generale ha chiesto di bloccare l’accesso al canale televisivo online Dojd e alla stazione radio Echo of Moscow”, avevano annunciato le due emittenti negli scorsi giorni. E nelle scorse ore la radio indipendente ha annunciato la propria chiusura. “La maggioranza del consiglio di amministrazione di Ekho Moskvy – scrive sul proprio profilo Telegram il direttore Alexei Venediktov – ha preso la decisione di sciogliere la radio e il sito internet di Ekho Moskvy”.

Il tutto mentre le big dell’hi-tech continuano a prendere decisioni che colpiscono i media più vicini al Cremlino. YouTube ha sospeso diversi canali russi, tra cui quello del canale di stato Russia Today, impedendo loro di guadagnare dalla presenza sulla piattaforma: “È stata sospesa la capacità di un certo numero di canali di monetizzare, tra cui diversi canali russi legati alle recenti sanzioni”. La decisione è stata motivata da “circostanze straordinarie”. Farshad Shadloo, portavoce del sito, ha aggiunto che RT ed altri canali non saranno accessibili in Ucraina dopo “una richiesta del governo”. Anche Twitter, dopo il bando dell’Unione Europea, sta pensando di eliminare dalla sua piattaforma gli account di Russia Today e Sputnik, ha anticipato Politico citando un portavoce del social media. “Dovremo adeguarci alle sanzioni europee, questo comporterà di non pubblicare alcuni contenuti in Europa”, ha spiegato. Non è chiaro se Twitter intenda eliminare gli account tout court o limitarne i contenuti come hanno fatto già Google, Facebook e Tiktok. “Continuiamo a sostenere l’importanza di una rete libera. Soprattutto in tempo di guerra”, ha detto il portavoce. Netflix, invece, non rispetterà in Russia l’obbligo di trasmettere in diretta venti canali locali.

L’isolamento tecnologico di Mosca è ampliato anche dalla decisione di Spotify: il gigante dello streaming musicale ha dichiarato di aver chiuso i suoi uffici in Russia e di aver rimosso dal suo servizio i contenuti sponsorizzati dallo Stato russo. La mossa è arrivata in risposta all’attacco “non provocato contro l’Ucraina”, ha affermato la società in una nota, aggiungendo di aver adottato diverse misure. Inoltre, il gigante dello streaming ha affermato di aver esaminato “migliaia di episodi di podcast dall’inizio della guerra” e di aver limitato la capacità degli utenti di trovare podcast di proprietà e gestiti da organi di informazione legati allo Stato russo”. Spotify ha affermato che all’inizio della settimana aveva rimosso tutti i contenuti dalle testate giornalistiche sponsorizzate dallo stato russo RT e Sputnik all’interno dell’Unione Europea e in altri mercati. Ma manterrebbe il suo servizio aperto agli utenti russi. “Riteniamo che sia della massima importanza che il nostro servizio sia disponibile in Russia per consentire un flusso globale di informazioni”, ha affermato Spotify.

Uffici moscoviti chiusi anche dal colosso tedesco Siemens, che ha sospeso tutto il business e le consegne a Mosca. Tra i primi a muoversi c’era stata Apple che aveva annunciato lo stop della vendita dei propri prodotti alla Russia, accogliendo così l’appello che gli era stato rivolto nei giorni scorsi dal governo di Kiev. Dalla scorsa settimana sono inoltre limitati i servizi di Apple Pay. Inoltre Rt e Sputnik “non si possono più scaricare dall’App Store fuori dalla Russia”, ha spiegato la società di Cupertino, sottolineando che sono state anche disabilitate le Apple Maps in Ucraina “come misura di sicurezza per i cittadini ucraini”. Intel e Amd, che producono microprocessori, avrebbero informato verbalmente i partner russi che aderiranno alle sanzioni decise dagli Stati Uniti. Airbnb, invece, ha annunciato che offrirà gratuitamente alloggi ai 100.000 rifugiati in fuga dall’Ucraina.

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