Il risveglio all’alba in una calma quasi surreale, pur essendo a pochi chilometri dalla linea del fronte che corre lungo il Donbass. Le tragiche notizie che arrivavano da Kiev e dalle altre principali città del Paese si contrapponevano ad una situazione apparentemente serena, ma era la quiete prima della tempesta. Verso le 9 la stanza dell’albergo ha tremato due volte, le finestre hanno iniziato a scricchiolare e quei pochi ospiti presenti, la maggior parte giornalisti, si sono subito precipitati nella hall. L’artiglieria, a Severodonetsk, 100mila abitanti a pochi chilometri dalla zona dei separatisti, ha continuato a martellare per un’ora abbondante a ritmi alterni in questo territorio tuttora controllato da Kiev, ma probabilmente ancora per poco.

L’esercito russo qui avanza ma è tutta l’Ucraina sotto attacco. L’obiettivo primario, fin dalle prime ore, è stato quello di annientare la reazione di Kiev, colpendo soprattutto le infrastrutture militari e gli aeroporti della Capitale e di Kharkiv, seconda città del Paese, e poi spostandosi a sud sul Mare d’Azov e a Odessa. In un secondo momento, probabilmente già nelle prossime ore, potrebbe esserci l’entrata massiccia delle forze del Cremlino in tutto il Donbass, anche in quello tuttora in mano a Kiev, con forze di terra e tank direttamente da Donetsk e Luhansk. Ci vorrà ancora poco per capire le reali intenzioni di Putin, se il controllo di tutto il Paese o solo di alcune regioni, ma il destino dell’Ucraina appare segnato.

Severodonetsk si è risvegliata nel panico: la gente è corsa a fare scorte di cibo e acqua. Lunghe code si sono formate fuori dai supermercati e presso i bancomat per ritirare contante. La paura è che i collegamenti telefonici, le connessioni internet e tutti i macchinari elettronici possano finire fuori uso e quindi meglio munirsi di cash. File ancora più lunghe ai distributori di benzina: fino a mezzo chilometro nell’unica stazione incontrata nel centro e quasi due ore di attesa fra la compostezza e la desolazione di un popolo, quello del Donbass, che dopo otto anni di guerra non ha più lacrime per piangere. “Possiamo riempire la macchina per non più di venti litri – spiega Oleg, in coda da un’ora – per evitare che le pompe rimangano a secco e che tutti i cittadini possano andarsene in caso di attacco”. La brutta notizia, per Oleg e per le centinaia di automobilisti, arriva dopo 90 minuti di attesa: benzina finita e chissà se ne arriverà altra nei prossimi giorni.

Daria invece è una mamma in coda con suo figlio: è giovane, minuta, intimidita, ma risponde senza esitazione: “Non so cosa succederà nelle prossime ore ma sono una donna forte e me la caverò. Paura? Certo, ma dobbiamo resistere e farci forza”. Zakhar è in macchina con la mamma. È perplesso, attonito. “Un’invasione del genere non ce l’aspettavamo. Riempio la macchina e poi decideremo il da farsi ma è probabile che ce ne andremo”. Anche Sasha non nasconde le sue preoccupazioni: “Ma dove scappiamo? Tutta l’Ucraina è in fiamme, tanto vale restare qui”. Arriveranno i russi? “È probabile. Forse fra un’ora, fra un giorno o una settimana. Ma prima o poi saranno qui e conquisteranno tutto il Donbass”.

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