Per definire l’accordo sono stati utilizzati termini molto diversi fra loro. I più romantici hanno parlato di una svolta storica, di un’intesa in grado di stravolgere il futuro di un campionato intero. I più concreti, invece, hanno preferito puntare sul lato venale, sottolineando come questa pioggia di quattrini possa davvero annullare il gap fra il torneo spagnolo e la Premier League. Due versioni che non si escludono a vicenda, ma che servono entrambe a delineare i contorni di “Impulso”, il contratto firmato da La Liga e il fondo di investimenti britannico Cvc che inietterà 2,7 miliardi di euro nel calcio iberico.

Il meccanismo dell’affare è piuttosto interessante. Secondo Marca “è come se la Liga avesse assunto un’agenzia esterna e la pagasse per migliorare la sua attività commerciale” in termini di alleanze strategiche, vendite di sponsorizzazioni, spazi tematici e diritti televisivi. In cambio CVC ha versato 2,7 miliardi di euro per una quota del 10% nell’attività commerciale e un conto di partecipazione per i futuri profitti di questa attività. Piccolo dettaglio: si tratta di un prestito agevolato, con tassi di interesse molto più bassi di quelli che verrebbero richiesti nel mercato tradizionale, con un margine di rientro di addirittura 40 anni. Ma non finisce qui. Il 90% di questa somma verrà distribuita fra i club, mentre altri 100 milioni saranno divisi fra la Federcalcio spagnola e il Consejo Superior de Deportes, che investirà nel calcio femminile e non professionistico.

Un vero affare. O almeno così giura Javier Tebas, che qualche giorno fa ha garantito che “questa intesa fornirà ai club l’impulso necessario per fare un balzo in avanti nella professionalizzazione e nello sviluppo”. Le 38 società di LaLiga Santander e LaLiga SmartBank hanno ricevuto un primo pagamento di oltre 220 milioni, che si sommano ai 400 incassati a gennaio, fino a coprire il 35% del totale previsto dal contratto. E si stima che entro luglio 2022 il fondo verserà il primo miliardo di euro. Secondo i dati presentati dalla stampa spagnola, i club hanno investito circa il 70% del denaro proveniente da Cvc per migliorare il proprio sviluppo (fra cui rientrano anche la ristrutturazione degli stadi e il loro adeguamento alle esigente televisive), mentre il restante 30% è stato utilizzato in parti uguali per ottimizzare la loro struttura finanziaria e per estendere il limite salariale, in modo da poter rafforzare ulteriormente la rosa.

Sempre secondo Marca, poi, piccoli club come Eibar e Tenerife avrebbero utilizzato questo denaro per investimenti sulle infrastrutture, sviluppo internazionale, sviluppo del marchio e del prodotto, reclutamento di talenti, ma anche per mettere a punto un’ambiziosa strategia di comunicazione, un piano di innovazione e tecnologia e un progetto di sviluppo dei contenuti su piattaforme digitali e social network. Un’occasione ghiotta per tutti i club. O quasi. Perché invece il piano Impulso è stato osteggiato fortemente. Soprattutto da Real Madrid e Barcellona. A marzo del 2021 i due club, così come l’Athletic Bilbao, si erano schierati pubblicamente contro il progetto. Una posizione che aveva lasciato perplessi molti osservatori. Qualcuno aveva ipotizzato che i due club, in un momento molto particolare della loro storia, temessero il rafforzamento delle dirette concorrenti. Il dubbio, però, è durato meno meno di un mese. Ad aprile, infatti, si è capito che per Real e Barcellona Impulso era di fatto configgente con il progetto di Superlega presentato e abortito nel giro di qualche giorno.

Ma non si tratta di un caso isolato. Perché prima di chiudere con LaLiga, Cvc aveva parlato a lungo con la Lega Serie A. L’obiettivo era chiudere un accordo da 1,7 miliardi di euro, ma soprattutto di creare una sinergia con il torneo iberico che potesse mettere in discussione il ruolo di leader continentale della Premier. Solo che che le cose non sono andate come sperato. A lavorare per l’accordo era stato Paolo Dal Pino, che aveva allacciato i contatti con il fondo britannico e aveva intavolato le trattative. E l’idea di poter chiudere l’affare si è sgretolata quasi subito. Tanto che a marzo ogni discorso era già impantanato. “Colpa” del no arrivato da Juventus, Inter, Atalanta, Fiorentina, Lazio, Napoli e Verona, che hanno chiesto alla Lega di soprassedere. Le motivazioni erano piuttosto assortite: si andava dalla paura di svendere sui mercati internazionali i diritti televisivi, fino alla difficoltà di chiarire alcuni aspetti normativi della questione, passando per una diffidenza verso la sinergia con LaLiga. Tradotto: i presidenti del calcio made in Italy pensavano di poter guadagnare molto più dal proprio prodotto rispetto a quanto offerto da Cvc. Una visione strategica completamente diversa da quella mostrata dai club spagnoli. Ora bisogna vedere se i soldi che stanno piovendo su LaLiga saranno sufficienti a spingere le società iberiche avanti di 20 anni. E se così fosse, il calcio italiano sarebbe rimasto ancora una volta indietro.

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