“Ed oggi siamo a 5.121 giorni che il Museo del mare di Bivona… è ancora chiuso”, ha scritto qualche giorno fa su facebook lo storico locale Antonio Montesanti. E’ solo l’ultima puntata di una denuncia che Montesanti porta avanti da anni. Per rendere fruibile il museo non sono stati sufficienti più di 2,5 milioni di euro. Tra fondi della Soprintendenza di Cosenza e del Comune e, soprattutto, della Regione. Senza contare i finanziamenti prima concessi e poi revocati. Non che della tonnara non si sia parlato, tra servizi di Striscia la notizia e articoli della stampa locale. Lungo l’elenco dei sopralluoghi di politici, sia locali che nazionali. Come di magistrati e funzionari del Ministero della Cultura. La vicenda è stata oggetto anche di diverse interrogazioni parlamentari.

Qualche settimana fa, l’atteso aggiornamento: “Abbiamo raggiunto un importante traguardo per la riqualificazione e valorizzazione di un sito storico così importante”, ha dichiarato il sindaco Maria Limardo. Dopo che la Regione ha concesso 1,5 milioni di euro dai fondi POR Calabria FESR-FSE 2014-2020, per la Realizzazione del centro regionale per la tutela, promozione e valorizzazione della biodiversità delle aree marine e costiere. Insomma del Museo del Mare e della pesca, con la riqualificazione e la valorizzazione della ex-tonnara. Una notizia che merita considerazione anche se la storia invita alla prudenza. Se non altro per gli usi “impropri” che se ne sono fatti. Nel 2011 alcuni ambienti vengono utilizzati dalla Polizia Municipale come sede estiva, senza il nullaosta della Soprintendenza e del Demanio che ne é proprietario. Nel luglio 2020 la giunta comunale concede altri ambienti ad una associazione affermando in delibera “che il Comune è titolare di diritto di proprietà della tonnara”. A dicembre 2013 sul portale nazionale del Partito Democratico è indicata come sede del seggio delle Primarie.

A Bivona, frazione di ViboValentia, la tonnara, che nel 1991 è stata riconosciuta di particolare interesse dal Ministero della Cultura, é un autentico luogo del cuore. Radicato alla tradizione marinara del comune calabrese. L’edificio, costruito nel 1881, è stato ristrutturato nel 1910. Con una architettura lineare, tutta al piano terra, fatta eccezione per la fronte dove si alza un piano superiore. Una struttura naturalmente votata a divenire il Museo della Civiltà del mare. Al suo interno tre barconi sostanzialmente interi, oltre ad alcuni altri mancanti di parti cospicue. Tutti bisognosi di cure. Come l’ex tonnara: nei primi anni 90 la Soprintendenza di Cosenza interviene con due finanziamenti successivi da 600 milioni complessivi delle vecchie lire, per impedire il crollo dei solai e del tetto della parte di edificio sopraelevato. Tra il 2001 e il 2003 arrivano 850mila euro per il recupero funzionale di alcuni ambienti e la loro trasformazione in Auditorium e locali espositivi. Ad erogarli é la Regione.

Con 1.304.000 euro dai fondi del POR Calabria 2000-2006 “Programma di sviluppo urbano” il Comune sembrerebbe aver eseguito importanti lavori. Sembrerebbe, appunto: nella scheda dell’intervento sul portale regionale si parla di “completamento del consolidamento strutturale della palazzina … e della loggia di ricovero dei barconi, … il rifacimento dell’impianto elettrico, … dei servizi igienici … “. Lavori che invece secondo la Soprintendenza non sarebbero invece mai iniziati – scrive il 30 luglio 2015 il sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali rispondendo alla Interrogazione della deputata grillina Nesci. Quel che è certo è che manca una attestazione del collaudo finale, come della necessaria agibilità. In ogni caso il Comune non converte la concessione richiesta per eseguire i lavori di recupero e restauro in concessione d’uso presso il Demanio Marittimo, usando di fatto il bene.

Consapevole della questione, il Comune tenta di provvedere. Prima nel 2012 e poi nel 2015 affida un incarico esterno per “rilievi strumentali topografici ed elaborati pertinenti ai fini del rilascio della concessione dell’immobile di proprietà del demanio, con una spesa di 2400 euro. In entrambi i casi, tuttavia, dimenticando di presentare il modello di richiesta concessione.

In precedenza, nel 2010 il Comune richiede ed ottiene dalla Regione 135mila euro che nel 2011 vengono tagliati per le condizioni finanziarie dell’Amministrazione Comunale e l’approvazione del Piano di Riequilibrio Finanziario, oltre che per la complessa condizione giuridica del bene demaniale.

Si passa al Gennaio 2015, quando la Soprintendenza, dopo un sopralluogo, scrive all’Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Calabria, al Comune di Vibo, alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria ed al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – NucleoBC Cosenza. Ribadisce agli Enti che sull’immobile permane l’obbligo di tutela e di conservazione, “rilevando una situazione di degrado e di abbandono che compromette e inficia i lavori eseguiti con i finanziamenti precedenti, determinando inoltre un grave depauperamento del patrimonio storico-artistico”.

Ma intanto il Comune provvede agli arredi. Nel marzo 2015 liquida 65.520 euro certificando conclusa e collaudata la messa in posa degli arredi museali e delle attrezzature informatiche. La cui destinazione rimane in realtà sconosciuta. Almeno fino al febbraio 2020, quando l’Assessore alla Cultura Rotino ne comunica in Consiglio Comunale il rinvenimento: negli scantinati del Comune.

A gennaio arriva l’annuncio del sindaco del nuovo finanziamento. Che dovrebbe essere utilizzato per “riqualificazione e adeguamento delle strutture esistenti, degli impianti e dei servizi … allestimento del Museo e di spazi tematici … realizzazione di un centro studi ed osservatorio sulla biodiversità marina”. Che la vicenda sia arrivata a conclusione? Se lo augurano in molti. Non solo a Vibo.

Fotografie di Antonio Montesanti

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