A Verona c’è un “tavolo politico” cittadino che decide non solo le nomine nelle ricche società partecipate, ma anche i licenziamenti. A dirlo non sono le forze di opposizione in consiglio comunale, ma una sentenza di Tribunale. Cristina Angeletti, giudice della Sezione Lavoro, ha infatti condannato la società Serit, che gestisce i rifiuti di 58 Comuni della Provincia di Verona, a riassumere il proprio direttore generale Maurizio Alfeo, licenziato per giusta causa dopo 13 anni di servizio. Il magistrato smonta una per una le sette motivazioni (soprattutto di natura amministrativa e gestionale) su cui si appoggiava la decisione di mettere fine al rapporto di lavoro: “Il licenziamento disciplinare è non giustificato, in quanto nessuna delle contestazioni disciplinari è risultata legittima”. Insomma, la giusta causa non esisteva, era solo il pretesto per avallare una decisione politica. “E’ evidente come la decisione di licenziare il ricorrente fosse stata assunta non nelle sedi deliberative a ciò deputate, ma attraverso consultazioni e trattative esterne al consiglio di amministrazione e per ragioni di natura politica estranee alla sua specifica condotta professionale”. Le “ragioni di natura politica – non emerse nel processo, e non rilevanti ai fini che ci occupano – avevano condizionato anche il cda di Agsm Aim, oltre che quello di Serit” scrive il giudice riferendosi alla multiutility dell’energia nata a dicembre 2020 dalla fusione delle due società controllate dai Comuni di Verona e di Vicenza.

Il bello è che l’esistenza del tavolo politico è stata svelata da una componente del cda di Serit, la leghista Roberta Ruffo, che ha così sconfessato il presidente Massimo Mariotti, nome storico di Fratelli d’Italia e della destra veronese, che nel 2020 scrisse su Facebook: “L’unica Repubblica è quella sociale”. Lo scontro in una causa di lavoro (conclusa l’8 febbraio) viene allo scoperto proprio nei giorni in cui è in discussione l’accordo tra FdI e la Lega per appoggiare il sindaco uscente Federico Sboarina, passato l’anno scorso con il partito di Giorgia Meloni, dopo essere stato eletto cinque anni fa con una lista di centrodestra. Ed è proprio al “tavolo politico” comunale che fa riferimento lo svolgimento della causa.

Ma perché il giudice arriva alla conclusione che il licenziamento di Alfeo era “originato da motivazioni di tipo politico e, dunque, illecito non essendo legittimo estromettere un dipendente da una società, ancorché a totale partecipazione pubblica, per ragioni estranee alla sua professionalità e legate ad equilibri politici locali”? In primo luogo perché le contestazioni contenute in una lettera spedita il 15 marzo 2021 erano tutte infondate. Ma c’è di più. “Del licenziamento di Alfeo si cominciò a discutere seriamente ben prima delle contestazioni disciplinari ed in termini diversi da quelli formalizzate in dette contestazioni”. Inoltre, “il tema non era la fuoriuscita di un dipendente non più gradito per la sua condotta, bensì la necessità di procedere al suo licenziamento: secondo il presidente Mariotti perché l’amministrazione Agsm Aim aveva imposto di contenere i costi, secondo la consigliera Ruffo perché così aveva deciso il ‘tavolo politico’”. Quest’ultima ha detto: “Il presidente Mariotti aveva detto che il tavolo politico aveva deciso che (Alfeo, ndr) doveva essere licenziato. Presumo che il tavolo politico fosse relativo al sindaco, ovvero che il riferimento fosse a Palazzo Barbieri (sede del Comune). Mi ricordo di aver sentito questo fatto nell’ambito di almeno un paio di Cda”.

Dopo un primo incontro informale sull’argomento, e prima della decisione finale del cda, la Ruffo aveva chiesto un posticipo “per consultare il suo ‘referente politico’, cioè per comprendere se tale decisione era in linea con la sua corrente politica di riferimento”. In quella occasione “attraverso un messaggio whatsapp, le fu risposto nei seguenti termini testuali: ‘la decisione è stata presa dall’amministrazione di cui fa parte anche la Lega. Due o tre giorni sono sufficienti’”. Mariotti ha cercato di spiegare che per “amministrazione” si doveva intendere quella di Agsm Aim: “Quando dissi che di tale amministrazione faceva parte anche la Lega, mi riferivo appunto al rappresentante della Lega in tale amministrazione, a memoria non me lo ricordo, ma so che esiste…”. Il giudice non gli ha creduto. “I messaggi whatsapp scambiati rivelano che tale licenziamento aveva uno spessore politico, perché era preceduto da trattative e benestare di carattere politico”. Conclusione: nullità del licenziamento, reintegra di Alfeo nel posto di direttore generale e pagamento di dieci mensilità, per un totale di circa 180mila euro.

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