“Continuare a calcolare gli aumenti salariali sulla base dell’indice Ipca depurato dai prezzi energetici non è accettabile e mantenere questo sistema significa autorizzare una riduzione salariale, non aumentarli. E questo va cambiato”. Il leader Cgil, Maurizio Landini, raccoglie la proposta della Uil il cui segretario Pierpaolo Bombardieri nei giorni scorsi ha ventilato la disdetta del Patto per la Fabbrica firmato nel 2018. In base al quale il punto di riferimento a cui ancorare il rinnovo dei contratti è l’indice dei prezzi al consumo Ipca depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. Un indicatore che non tiene conto, insomma, dei fortissimi rincari del gas registrati negli ultimi mesi.

“Nella prossima stagione di rinnovo dei contratti nazionali l’Ipca non potrà rappresentare uno degli indicatori su cui negoziare gli aumenti. Significherebbe svuotare il valore dei contratti nazionali di lavoro”, ha riconosciuto Landini, che dal palco dell’Assemblea organizzativa si è schierato a favore di una modifica del modello contrattuale. “I dati relativi al 2020 ci dicono d’altra parte, che si trovano in condizione di povertà assoluta oltre 2 milioni di famiglie, per un totale di 5,6 milioni di persone. È una grande questione che dovrebbe riguardare tutti anche considerando che salari bassi si riflettono negativamente sui consumi“.

Bombardieri dal canto suo ha commentato la “velina di Confindustria” che “quando abbiamo parlato del problema relativo al perdurare del Patto della Fabbrica” ha fatto sapere che “il Patto non si tocca”. “E io vorrei dire: Il patto della fabbrica non si tocca se i sindacati lo sostengono, se togliamo la firma il patto non esiste più. E i primi segnali arriveranno nella messa a punta della nuova piattaforma contrattuale: non possono esserci rinnovi sulla base degli Ipca, sennò siamo fuori strada”. E conclude che, se su questo non ci saranno risposte e soluzioni, allora “questa organizzazione non ha rimosso dal vocabolario il termine conflitto”.

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