Un recente rapporto pubblicato su The Lancet riferisce di oltre 1,2 milioni di persone che nel mondo, solo nel 2019, sono decedute per infezioni dopo aver sviluppato antibiotico-resistenza, nella maggior parte dei casi proprio verso quei farmaci utilizzati nelle infezioni delle vie aeree inferiori e nelle polmoniti. È di questi giorni la notizia che lo Zitromax sia andato a ruba nelle farmacie italiane e che l’elevata richiesta, superiore alla consueta domanda del mercato, abbia portato la ditta Pfizer a comunicare che prima di fine febbraio il farmaco non sarà più disponibile.

In quanto antibatterico, lo Zitromax (o il suo generico Azitromicina) non svolge alcuna azione antivirale, ma poiché macrolide, per le sue proprietà antinfiammatorie e la sua azione immuno-modulante, è stato prescritto per la prevenzione o a supporto della terapia nei pazienti sintomatici. Purtroppo, si è finiti con il farne un uso spropositato e ingiustificato che, al contrario, può provocare danno, favorendo proprio l’insorgenza delle antibiotico-resistenze.

L’evento ha indotto anche l’Aifa a diffondere una nota in cui si è rappresento che né l’Azitromicina né altri antibiotici siano mai stati approvati o raccomandati per il trattamento delle infezioni da Covid-19, e che non vi sono evidenze scientifiche sulle azioni protettive dell’Azitromicina o sulla capacità di ridurre trasmissione, tempi di guarigione e mortalità. Anche la Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg) ha sottolineato che lo Zitromax non può essere considerato un farmaco di uso routinario per i pazienti Covid e che deve essere necessariamente venduto con prescrizione medica e non concesso in farmacia senza ricetta.

Ai no vax bisognerebbe inoltre far presente che, se dietro la scelta di non vaccinarsi c’è la convinzione di boicottare “Big Pharma”, l’assunzione inappropriata dello Zitromax, oltre ad arrecare possibile nocumento alla salute, favorisce proprio la ditta farmaceutica produttrice. È sempre di questi giorni anche la campagna di sensibilizzazione al completamento del ciclo vaccinale, promossa dalla Sicpre (Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-Rigenerativa ed Estetica) e dall’Aicpe (Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica), soprattutto quando si è intenzionati a sottoporsi a interventi di chirurgia estetica non necessari e differibili.

Il vaccino protegge e riduce il rischio infatti anche delle possibili gravi complicanze respiratorie che possono verificarsi in un paziente che contrae l’infezione da Covid nel postoperatorio. Recenti ricerche scientifiche mostrano, inoltre, che pazienti non vaccinati e sottoposti a interventi di chirurgia ricostruttiva possono sviluppare ritardi di guarigione e infezione delle ferite. Responsabile di questa complicanza sarebbe l’interazione del virus con il recettore dell’ormone che interviene nel controllo dell’infiammazione e regolazione del microcircolo, ne segue una riduzione dell’afflusso di sangue alla ferita con ritardo della sua guarigione.

La gestione delle infezioni, per lo più trasmissibili, è dunque molto complessa e richiede terapie farmacologiche mirate verso lo specifico virus o batterio, oltre che l’adozione di appropriate misure di contenimento per ridurre i contagi tra la popolazione. Purtroppo, contro il Covid-19 non vi sono a oggi farmaci antivirali specifici, ma questo non può giustificare l’uso inappropriato di antibiotici che, al contrario, favorendo l’antibiotico-resistenza possono esporre il soggetto a condizioni cliniche ancora peggiori. I dispositivi di protezione individuale e i vaccini restano a oggi lo strumento più efficace per ridurre i contagi, contrastare il virus e riappropriarsi il più presto possibile delle nostre vite senza più restrizioni.

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