Lo scorso gennaio negli Stati Uniti i posti di lavoro del settore privato sono diminuiti di 301mila unità. Un dato sensibilmente peggiore rispetto alle previsioni che stimavano un incrementando di 180 mila posti. La contrazione emerge dal consueto sondaggio di Adp che anticipa il dato complessivo sull’occupazione statunitense che verrà reso noto venerdì prossimo. Alla base della diminuzione degli occupati ci sarebbero le restrizioni causate dalle misure di contrasto alla variante Omicron, dovrebbe quindi trattarsi di una flessione temporanea. Secondo gli analisti la diminuzione potrebbe dipendere anche dalla difficoltà delle imprese a trovare occupati in una fase di propagazione dei contagi. Si tratta del primo calo dal dicembre del 2020 e la discesa più marcata dall’aprile dello stesso anno, uno dei mesi più duri della pandemia. Il calo dei posti di lavoro ha interessato quasi tutti i settori ma in modo particolare sanità e tempo libero. La metà dei posti persi è in questi soli due settori. L’industria ha registrato un calo di 21mila buste paga, le costruzioni di 10mila.

Il dato odierno complica ulteriormente il delicato gioco di equilibri che sta conducendo la Federal Reserve, la banca centrale americana. A marzo la Fed dovrebbe iniziare la sua serie di rialzi dei tassi di interesse per contrastare l’avanzata dell’inflazione, salita negli Usa al 7%, il valore più elevato dal 1982. Tuttavia l’incremento del costo del denaro è destinato a ripercuotersi sulla crescita economica e quindi anche sul mercato del lavoro. Inflazione e occupazione sono spesso variabili inversamente correlate, ossia quando scende una sale l’altra e viceversa. Compito della Fed è proprio quello di assicurare una stabilità dei prezzi cercando di salvaguardare un alto tasso di occupazione.

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