L’incidenza di depressione e ansia fra adolescenti è raddoppiata rispetto a prima della pandemia. Nello specifico, un adolescente su 4, in Italia e nel mondo, ha i sintomi clinici di depressione e uno su 5 segni di un disturbo d’ansia. Lo rivela un’ampia metanalisi appena pubblicata su Jama Pediatrics, che ha incluso 29 studi condotti su oltre 80mila giovani. A rischio soprattutto i ragazzi più grandi (maggiormente esposti rispetto ai bambini), che hanno risentito delle restrizioni e della conseguente impossibilità di vivere insieme ai coetanei momenti fondamentali della crescita. La conferma arriva anche da un secondo studio, su 1500 bambini e adolescenti, pubblicato sul Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry.

Una situazione che potrà purtroppo avere conseguenze negative sul lungo periodo: è stato infatti dimostrato che soffrire di depressione durante l’infanzia e l’adolescenza si associa da adulti a una salute peggiore – non solo mentale – e a maggiori difficoltà nelle relazioni e nella vita in generale. Questo è vero soprattutto per chi ha sofferto in maniera persistente di sintomi depressivi: essere costantemente ‘sottotono’, specialmente durante l’adolescenza, avvertono gli esperti, ha ripercussioni più negative di un singolo episodio depressivo anche molto precoce, se questo viene poi risolto. È perciò necessario, secondo gli specialisti che hanno preso parte al congresso della Società italiana di NeuroPsicoFarmacologia (Sinpf), “intercettare il disagio mentale nei ragazzi e intervenire, utilizzando gli strumenti più adeguati al singolo caso e tenendo conto delle peculiarità connesse alla giovane età”.

“Avere un disagio psicologico ci rende più vulnerabili, rende il nostro sistema immunitario più fragile. Avere una situazione depressiva aumenta di 8 volte la possibilità di ammalarsi di Covid”, ha inoltre sottolineato il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop), David Lazzari. E ha proseguito focalizzandosi sulla (complessa) situazione del supporto psicologico offerto in ambito pubblico: “Non è solo l’esiguo numero degli psicologi nel Servizio sanitario nazionale, ma la carente organizzazione dei servizi che allontana le persone dalla risposta pubblica. Oggi, nonostante il sensibile aumento della domanda di assistenza psicologica, la risposta a questa esigenza sempre più diffusa e sentita è quasi esclusivamente privata. La crescente sofferenza psicologica dei cittadini ci preoccupa molto. La ‘psicopandemia’ non è uno slogan vuoto creato dagli psicologi”, ha continuato, “ma un problema al quale abbiamo il dovere di dare risposte efficaci e immediate, prima che sia troppo tardi”.

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