Nuova udienza del processo penale vaticano sull’acquisto del palazzo di Londra. I pm della Santa Sede hanno chiesto il rinvio a giudizio per i quattro imputati che erano stati precedentemente stralciati per incompletezza degli atti di citazione. Si tratta del finanziere Raffaele Mincione, dell’ex dipendente della Segreteria di Stato vaticana Fabrizio Tirabassi, dell’avvocato Nicola Squillace e di monsignor Mauro Carlino. I magistrati hanno chiesto anche che il cardinale Angelo Becciu, imputato nel processo, sia rinviato a giudizio anche per subornazione: l’accusa è di aver cercato di condizionare la testimonianza, ritenuta chiave dai pm, di monsignor Alberto Perlasca. Il reato di subornazione era stato stralciato all’inizio del processo. Diversa, invece, la posizione dell’ex direttore dell’Autorità d’informazione finanziaria della Santa Sede, Tommaso Di Ruzza, per il quale i magistrati hanno chiesto l’archiviazione solo per il reato di peculato, mentre continua a essere imputato per le altre accuse che gli sono state fatte. Il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, ha firmato le richieste dei pm spiegando che il Codice penale vigente nello Stato più piccolo del mondo non permette alcuna discrezionalità nei rinvii a giudizio.

In aula, la difesa del cardinale Becciu ha riproposto la questione di “nullità radicale e assoluta” della citazione del suo assistito a causa di un “omesso deposito degli atti e dei documenti informatici, un’amplissima parte dei quali ancora mancanti”. È stata contestata, inoltre, l’ammissibilità di uno degli interrogatori dei pm a monsignor Perlasca nel quale, a giudizio dei legali, viene messa in discussione la moralità del porporato alludendo a un “sospettato rapporto intimo” tra il cardinale Becciu e la manager Cecilia Marogna, anche lei imputata nel processo. Questione sulla quale monsignor Perlasca dichiarò di non sapere nulla. Per la difesa del porporato, però, il riferimento dei pm alla moralità del loro assistito durante un interrogatorio determina la nullità del processo e della citazione a giudizio perché questo tipo di domande non sono ammesse dal Codice penale vigente in Vaticano. Il cardinale Becciu ha scritto una lettera al presidente del Tribunale motivando la sua prima assenza a un’udienza del processo che lo vede coinvolto. Il porporato ha spiegato di aver preferito non essere presente in aula mentre i suoi difensori affrontavano il tema della sua moralità.

Anche la difesa del finanziere Enrico Crasso ha ribadito la “radicale nullità del procedimento di citazione a giudizio”. In particolare, i legali hanno evidenziato che, in un interrogatorio, a monsignor Perlasca vengono chieste notizie su un incontro tra Tirabassi, Crasso e il broker Gianluigi Torzi, anche quest’ultimo imputato nel processo. Incontro che, stando ai resoconti della difesa, non sarebbe mai avvenuto. Un ulteriore motivo, secondo i legali, per chiedere la nullità processuale. Richiesta espressa anche dalla difesa della Marogna. Nella sua replica, il promotore di giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, ha contestato tutte le richieste di nullità: “Non capisco cosa non abbiamo dato e cosa manchi alle difese. Si tratta di eccezioni destituite da ogni fondamento”. Pignatone ha dato ai pm una settimana di tempo, ovvero fino al prossimo 31 gennaio, per verificare quali sono le parti mancanti negli atti di citazione e rispondere alle numerose obiezioni sollevate dalle difese. La prossima udienza è stata fissata per il 18 febbraio. In essa, ha spiegato il presidente del Tribunale vaticano, “si deciderà anche sulle varie eccezioni presentate dalle difese”.

Twitter: @FrancescoGrana

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