Per il governo di Tonga si tratta di “un disastro senza precedenti”, la Nasa calcola una potenza “500 volte superiore a quella della bomba atomica sganciata su Hiroshima“. Sono queste le parole che emergono dopo il primo aggiornamento ufficiale del governo di Tonga sulle conseguenze dell’eruzione vulcanica avvenuta il 14 gennaio, considerata la peggiore degli ultimi 30 anni sull’intero pianeta. Alcuni esperti l’hanno paragonata a quella del vulcano Pinatubo, nelle Filippine, del 1991, che provocò 1.450 morti. Gli stessi esperti, citati da Cnn, precisano che restano comunque ancora da capire e quantificare le conseguenze dell’eruzione sottomarina avvenuta sabato scorso nell’arcipelago, seguita da uno tsunami che ha colpito buona parte del Pacifico. Almeno due tra le isole più piccole appaiono praticamente distrutte, con tutte le case a pezzi in una e solo un paio ancora in piedi nell’altra, mentre un primo bilancio delle autorità locali parla di tre vittime accertate: due cittadini di Tonga e la 50enne britannica Angela Glover, da anni residente. Subito dopo l’eruzione del vulcano, parte delle isole Hawaii è stata travolta dalle onde anomale causate dall’evento catastrofico. Stessa cosa per il Giappone, dove onde di 1,2 metri sono arrivate nella remota isola meridionale di Amami Oshima, e la California. Il National Tsunami Warning Center aveva anche lanciato un’allerta tsunami per la costa occidentale degli Stati Uniti. Per James Garvin, scienziato capo presso il Goddard Space Flight Center della Nasa, “il numero a cui siamo arrivati è attorno ai 10 megaton (10 milioni di tonnellate) di equivalente in tritolo“. Mentre Michael Poland, del servizio geologico degli Usa, sostiene che “potrebbe trattarsi dell’esplosione più rumorosa avvenuta sulla terra dal 1883, quando eruttò il vulcano Krakatoa in Indonesia“.

Le foto aeree diffuse dalle forze di difesa neozelandesi mostrano le isole Hàpai, al centro dell’arcipelago, completamente coperte di cenere grigia proveniente dal vulcano sottomarino Hunga-Tonga-Hunga-Hàapai. Le immagini satellitari mostrano una scena simile nel distretto di Kolofòou, nella capitale situata sull’isola principale di Tonga. Si teme ora per la possibile contaminazione dell’acqua e delle riserve alimentari, con gli aiuti umanitari ostacolati dalla parziale inagibilità dell’aeroporto, coperto da uno spesso strato di cenere. Le attività di ricognizione e soccorso sono destinate a proseguire con il contagocce almeno fino all’arrivo delle due navi inviate dalla Nuova Zelanda, la Wellington e la Aotearoa, che trasporteranno un elicottero Seasprite, oltre a forniture umanitarie e di soccorso, soprattutto acqua. In particolare la Aotearoa – ha precisato il ministro della Difesa neozelandese Peeni Henare – può trasportare 250mila litri di acqua potabile e produrne 70mila al giorno attraverso un impianto di desalinizzazione. Circa 200 persone hanno cercato nelle ultime ore di ripulire dalla cenere la pista dell’aeroporto, ma ne sarebbero stati liberati non più di 100 metri.

Mentre i danni all’agricoltura sono inferiori rispetto a quanto si temeva, sono state sollevate preoccupazioni per l’approvvigionamento idrico, la qualità dell’aria e la disponibilità di carburante. Si teme anche l’insorgere di malattie legate all’acqua, dato che le ondate di marea hanno causato l’inondazione di 2-3 isolati nell’entroterra. È l’allarme lanciato dall’Unicef, che ricorda anche che la sorveglianza aerea ha rilevato danni significativi alle infrastrutture nelle piccole isole del gruppo Haapai, a nord della capitale. L’Unicef, come la maggior parte delle altre agenzie umanitarie, sta affrontando seri ostacoli nella sua risposta immediata alla crisi a Tonga, anche a causa delle difficili comunicazioni. L’agenzia Onu riferisce che, nonostante queste difficoltà, ha messo in moto una risposta basata sulle informazioni disponibili e sul breve coordinamento con i partner del governo. Circa 44 pallet di forniture d’emergenza dell’Unicef preposizionati nel magazzino umanitario del governo australiano a Brisbane sono stati imballati e caricati per essere spediti a bordo della Hmas Adelaide della Royal Australian Navy, che è in missione umanitaria a Tonga. L’agenzia Onu inoltre ha avviato una discussione con la Red-R Australia per il possibile dispiegamento del loro personale tecnico nel Paese per assistere le operazioni dell’Unicef, specialmente per quanto riguarda il supporto al coordinamento del cluster per i servizi idrici e igienico-sanitari e la gestione delle informazioni a Tonga.

La ministra degli Esteri della Nuova Zelanda, Nanaia Mahuta, ha spiegato che ci vorrà almeno un mese per riparare il cavo di comunicazione sottomarino che collega il resto del mondo alle isole Tonga. Le poche comunicazioni che ci sono state da quando sabato l’arcipelago è stato colpito dalla catastrofe naturale sono state possibili attraverso alcuni telefoni satellitari, per lo più posseduti da ambasciate straniere nella capitale Nukùalofa. Secondo Samiuela Fonua, presidente della società proprietaria del cavo, ci sono due rotture separate nel cavo, una situata a 37 chilometri dalla costa e l’altra vicino al vulcano eruttato, il che rende difficile la riparazione. Una nave di riparazione è attualmente in rotta dalla vicina Papua Nuova Guinea. L’operatore di telefonia mobile Digicel ha ripristinato alcuni servizi domestici 2G di base, ma ha avvertito che il ripristino delle chiamate internazionali potrebbe richiedere ancora molto tempo.

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