Mentre l’Onu denuncia che la regione del Tigray (nel nord est dell’Etiopia) si trova “sull’orlo di un disastro umanitario“, la guerra civile iniziata il 4 novembre 2020 vive una fase di svolta. Che non è per niente positiva. Infatti, alla notizia giunta domenica 16 gennaio della scarcerazione delle 7 suore arrestate dalle forze di polizia etiopi il 30 novembre 2021 ad Addis Abeba si contrappone l’annuncio di venerdì 14 del Programma alimentare mondiale (Wfp) che dal 17 gennaio saranno distribuite le ultime scorte di cereali, legumi e petrolio al Tigray, la regione da cui provengono i ribelli che puntano a rovesciare il governo centrale, dove si stima che più di 5 milioni di persone abbiano bisogno di assistenza alimentare.

“Le scorte di alimenti fortificati per il trattamento di bambini e donne malnutriti sono esauriti. Il carburante per fornire l’ultima delle forniture alimentari essenziali è estremamente scarso”, ha dichiarato il Wfp al Guardian. Solo una settimana fa si sono registrate le ultime vittime del conflitto, 17 civili rimasti uccisi nell’attacco di un drone contro la città tigrina di Mai Tsebri, e gli scontri tra le forze governative e il Fronte di liberazione del Tigray continuano senza tregua. Questo raid è soltanto l’ultimo segnalato dagli operatori sanitari e umanitari presenti sul territorio. Le organizzazioni umanitarie hanno comunicato che gli ultimi giorni sono stati particolarmente sanguinosi per via di numerosi attacchi aerei, tra cui uno su un campo per sfollati interni che si dice abbia ucciso almeno 56 persone. Sebbene non si abbiamo stime precise, si pensa che migliaia di persone siano morte nel conflitto e che diversi milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case e il proprio Paese da novembre 2020.

Una situazione ancor più preoccupante dal momento che i problemi di scorte alimentari nelle vicine regioni di Amhara e Afaarb, dove abitano circa 4 milioni di persone, costringono gli operatori umanitari a dover scegliere a chi dare cibo. “Ora dobbiamo scegliere chi ha fame per evitare che un altro muoia di fame”, ha detto Michael Dunford, direttore regionale del Wfp per l’Africa orientale al Guardian. “Abbiamo bisogno di garanzie immediate da tutte le parti in conflitto per corridoi umanitari sicuri, attraverso tutte le rotte, attraverso l’Etiopia settentrionale. Le forniture umanitarie semplicemente non procedono al ritmo e alla scala necessari”, ha continuato nell’intervista al quotidiano inglese. “La mancanza di cibo e carburante significa che siamo stati in grado di raggiungere solo il 20% di quelli che dovremmo in questa ultima distribuzione in Tigray. Siamo sull’orlo di un disastro umanitario.

L’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, in occasione dell’appello dell’Onu, ha dichiarato all’agenzia Reuters: “Almeno 108 civili sarebbero stati uccisi e altri 75 feriti dall’inizio dell’anno a seguito di attacchi aerei presumibilmente effettuati dalla forza aerea etiopica”. Il governo etiope però ha sempre negato di aver colpito siti civili e venerdì 14 ha inviato una lettera all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in cui accusa il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, etiope di etnia tigrina, di “cattiva condotta” dopo le accuse alle autorità governative di bloccare le forniture mediche destinate al Tigray. Tedros ha dichiarato che è “inimmaginabile” che un governo neghi ai propri cittadini “per più di un anno cibo e medicine e il resto per sopravvivere“. Accuse a cui il governo di Addis Abeba nella persona del ministro degli Esteri ha risposto accusando Tedros di aver “diffuso disinformazione dannosa e compromesso la reputazione, l’indipendenza e la credibilità dell’Oms”.

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