Il tentativo, quello originario, è di ritrovare il cordless in camera di mia figlia. Nel labirinto ci entro così, per voglia di mettere ordine e invece mi ritrovo a cercare qualcosa che è probabile non troverò mai. Decido di fare come le tre scimmiette e di proseguire nella ricerca dell’ago nel pagliaio ma l’occhio mi cade sul dorso di uno dei libri di testo della mia sedicenne di riferimento. L’autrice è la grecista Eva Cantarella. L’ho conosciuta qualche mese prima, tutte e due su uno stesso taxi per raggiungere un festival dei libri al quale eravamo entrambe presenti per motivi diversi, io tra il pubblico, lei sul palco a interpretare Circe e a scagliarsi contro Omero, “il primo grande maschilista della storia e dell’antichità” (sic): Penelope che aspetta senza batter ciglio un uomo che viene e va è dipinta con tratti morbidi; Circe che lo decide lei chi deve scendere e salire dal suo letto è invece colei che gli uomini li trasforma in porci, quindi ne è prima temuta e poi odiata.

Controllo sempre i libri in mostra sugli scaffali dei miei figli, perché quel che il ragazzo legge oggi determina il voto dell’adulto di domani. Eva Cantarella, dunque. Bene, siamo già avanti.

E il mio pensiero va subito al dibattito oggi in corso per l’elezione del Capo dello Stato.

Quanto ne sanno i ragazzi oggi. E come lo sanno. Che cosa leggono, se leggono, per formarsi un’idea su come accogliere decisioni che incideranno sui loro prossimi sette anni di vita.

La ricerca del cordless mi diventa più complicata del previsto. Ravano senza sosta tra felpe accatastate e un dizionario di latino in fin di vita cartacea.

A chi fa riferimento questo esercito di giovani ex detenuti in lockdown? Con chi si confronta, chi prende come punto di riferimento questa schiera di prigionieri della dad? Che figura vorrebbero al Quirinale, a una donna ci pensano?

A una donna ci pensano. E se sì, a chi.

Ecco, basterebbe già questo. Anche solo pensarci. Anche solo leggerne di più. Abbandono, anche se solo per un momento, la ricerca del cordless e mi sposto nello studio. Cerco con gli occhi nella mia, di libreria, e sfilo un’altra Eva Cantarella, quella degli Inganni di Pandora, il volume in cui si affronta un tema doloroso quanto necessario: l’inferiorità di genere è un’idea antica, che comincia in Grecia e arriva fino a noi. Un pregiudizio? Forse. Che però può essere scardinato e leggendo questo volume se ne capisce il motivo. Perché è sempre tutto fino a prova contraria, perché basterebbe un atto di coraggio. Di volontà e di innovazione. Di radicale convinzione che si può fare tutto e il contrario di tutto. Non a caso lo strappo vero a una concezione che fin dall’antichità non prevedeva la vita delle donne nella cosa pubblica viene messo in discussione proprio grazie alle idee sovversive di quella corrente filosofica che fa capo alla scuola cinica, per cui entrambi i generi avevano le stesse virtù. I cinici, giusto loro, ritenevano che uomini e donne avessero gli stessi diritti.

Idee dell’altro mondo, nel vero senso della parola. Che però originarono scuole. Quindi li si poteva sentire. Piano piano. E infatti poi sarebbe arrivato Pitagora, che con la sua, di scuola, avrebbe posto l’accento sulla capacità politiche delle donne, in grado per lui addirittura di governare.

Basterebbe saper accettarlo.

Come accade, secoli dopo, nell’arguta serie Netflix The bold type in cui gli autori lasciano ammettere al marito dell’eccezionale Jacqueline, la direttrice autorevole del magazine Scarlet ma soprattutto donna di grande caratura morale: “Lei è più in gamba di me, lo so e lo accetto”. Viceversa, lei riconoscerà a lui un altro grande e non sottovalutabile talento: “Lui è più gentile di me, lo so e lo accetto”. Sono i ruoli che si invertono, i valori tradizionali che si rimescolano e distribuiscono e che danno origine al successo, in questo caso di una coppia. E siamo tornati ai cinici (V e IV secolo), convinti che i due sessi dovessero realizzarsi grazie all’esercizio delle virtù comuni.

Ipotesi di lavoro. Che persino i classici, anche Epicuro fu tra questi, hanno provato a percorrere senza però mai andare a dama.

E in effetti, a parte l’arte che ci prova, la realtà continua a essere molto dura.

Una notifica su wazzap mi riporta all’ennesima battuta che gira in rete circa i probabili candidati al Quirinale. Le sto mettendo via, queste boutade dell’etere, ne verrà fuori un bestiario della corsa digitale al Colle, penso, mentre penosamente rifletto che non se ne annoverano sulle potenziali candidate. Sesso debole veramente, se neanche le prese in giro pre elettorali. Il silenzio che uccide (in questo caso nella culla) a occhio e croce dovrebbe essere qualcosa del genere. La censura preventiva ne è la traduzione lessicale nell’italiano volgare.

Detta così, la candidatura di una donna al Colle, mi sembra tanto di parlare del cordless che non trovo: si continua a perderlo di vista, forse pensando che prima o poi ci si arrenda e che si finisca con il non cercarlo più.

Sarà.

Decisamente il mio pronostico si è avverato: mi sono infilata in un labirinto dal quale devo uscire subito. L’alternativa, un giorno, è invitare tra le curve a gomito delle siepi spinose la mia sedicenne di riferimento, perché un giorno potrebbe trovarcisi da sola e tutto sommato gli attrezzi per uscire dal ginepraio servono. Mi dirà che preferirà ascoltare Ariete. Ok, correrò il rischio. “Per mia madre e contro di lei”, scrive la grande Gioconda Belli.

Intanto, mi impongo di tornare al pratico: obiettivo cordless, lo troverò a tutti i costi. Anche perché adesso per me è come la verità, sicuramente è nascosto da ciò che lo ricopre: con molta probabilità da felpe, disegni, ukulele, spartiti e libri accatastati davanti allo schermo del pc. Ma alla fine salterà fuori, prima o poi.

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