“Basta”, sostengono alcuni, attingendo all’ormai dilagante metafora bellica, con i bollettini giornalieri di guerra pandemica che minano il morale delle truppe e non aiutano a centrare il bersaglio.

E’ vero che l’interesse odierno è rivolto alla saturazione delle terapie intensive piuttosto che al gettito dei nuovi casi di contagio, la cosiddetta incidenza, però è altrettanto vero che incidenza, ospedalizzazione in ricovero ordinario e ospedalizzazione in terapia intensiva rappresentano tre indicatori che esprimono grandezze tra loro correlate, di cui la prima alimenta le altre e le anticipa, consentendo quindi di formulare previsioni che possono essere utili proprio per fronteggiare un’emergenza.

Sottrarre una di queste grandezze alla comunicazione pubblica e/o fornirne valori aggregati in più giorni non credo proprio sortirebbe un effetto ansiolitico sull’opinione pubblica, ammesso e non concesso che questo sia l’obiettivo. Anzi, penso proprio che ciò produrrebbe una reazione opposta cui si aggiungerebbe l’irritazione per sentirsi trattati come bambini (piccoli) non in grado di discernere il significato dei diversi indicatori che per altro vengono commentai dai media più volte al giorno, questo forse sì un po’ ossessivamente.

Un teologo insigne come Dietrich Bonhoeffer, molto critico verso l’uso infantile di una religione propalata come rimedio di un “Dio tappa buchi” ha spiegato che “viviamo ormai in un mondo diventato adulto” che quindi richiede un modo più maturo da parte dell’autorità di porsi verso i cittadini. La medicina nel rapporto medico-paziente ha abbandonato da tempo ogni atteggiamento paternalistico che spesso richiedeva la “bugia pietosa”, ritenendo addirittura che il coinvolgimento consapevole del malato in un iter diagnostico-terapeutico anche molto doloroso produca un effetto benefico sull’esito di questo stesso percorso.

Nel rapporto non face-to-face, ma rivolto alla popolazione, quando cioè i rischi di salute assumono valenza di sanità pubblica, tipicamente come nel caso dei gravi inquinamenti ambientali e oggi dell’epidemia infettiva, questa logica viene invece rifiutata. All’insegna del motto “non dobbiamo creare allarmismo e strumentalizzazioni”, si produce però un effetto boomerang che genera l’effetto contrario, facendo per di più perdere ogni credibilità alle istituzioni democratiche che già sono in affanno in tutto l’Occidente. Mi pare che certe proposte, che vorrebbero “sintetizzare” l’informazione pandemica, ripropongano un copione già noto che viene perseguito con una certa ottusità.

Sono invece dell’opinione che l’informazione dovrebbe essere arricchita, non producendo ogni giorno un fotogramma separato dai precedenti, che quindi non fa cogliere il fenomeno nel suo andamento e soprattutto nell’eventuale suo cambio di direzione, elemento spesso di maggior interesse. Meglio sarebbe quindi trasformare l’informazione puntuale nel contributo giornaliero fornito ad una curva che corra tra due assi cartesiani e che sia in grado di mostrare anche la distanza che la separa da soglie critiche, quali la saturazione di posti letto dedicati e di posti in terapie intensive, nonché previsioni a distanza di questi stessi parametri fornite proprio dall’incidenza degli infetti giornalieri. E magari sia a livello nazionale che per ogni singola regione.

Insomma, un bel cruscotto sinottico tradotto in immagine efficace da bravi grafici comunicatori che ci faccia vedere tutte le spie, compresa quella del carburante, alias incidenza, senza la quale, intraprendere un viaggio costituirebbe sì una condizione ansiogena.

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