di Francesco Giunta

Ci sono storie sbagliate, di gente emarginata, fuori branco, senza porto, senza casa. Gente che non si sente parte della massa, della conformazione. E se ogni storia è una storia d’amore, ovvero una storia di salvezza (perché l’amore salva, ma siamo noi che spesso non vogliamo lasciarci salvare dall’amore), anche queste storie sbagliate, come direbbe anche lo stesso Faber, consegnano “alla morte una goccia di splendore”, perché così vere, così sentite. Così scomode. Così uniche. Ma solo le storie d’amore portano unicità, è lì che si nasconde la nostra vera autenticità. Ogni storia d’amore ha la sua storia. Altrimenti, è una semplice storiella, un copione già visto. Un meccanismo che si ripete di dis-amore.

Il mondo di oggi ci vuole perfetti, sempre al posto giusto. Come se la vita stessa offrisse un bon ton per poter vivere bene, giusti. E così, noi siamo troppo abituati a restare al posto giusto, a pensare alla cosa giusta, al politicamente corretto, all’amorevolmente corretto. Dovremmo preferire non stare al posto giusto. Il che non significa che dobbiamo per forza ostinarci ad andare controcorrente, a cavolo. Ma che dobbiamo imparare a seguire quello che è dentro di noi, dentro la nostra storia. Fuori ogni schema, come ogni amore. L’amore non ha schemi.

Il nostro continuo cercare di rimanere al posto giusto ci porta più a voler fare l’amore (non intendo solo dal punto di vista sessuale), al posto di essere l’amore. Farsi una famiglia, farsi dei figli, farsi una casa, farsi un lavoro, farsi una vita. Invece di essere una famiglia, essere figlio, essere casa, essere umano, essere l’amore. A fare l’amore sono capaci tutti, ci sono tecniche che si possono imparare molto facilmente, si può scrivere un manuale a riguardo. A essere l’amore sono capaci solo gli idioti, gli scemi, quelli delle storie sbagliate, gli amici fragili, i poeti maledetti.

E questo non mi stupisce del fatto che oggigiorno sempre meno sono le storie d’amore che durano e per-durano. Abituati al fare più che all’essere, ad ascoltare le storie. Perché è solo nel raccontare e ascoltare le storie d’amore, quelle vere e non le storielle, che si può acquisire un proprio linguaggio d’amore che ci allontani dal nostro dis-amore e dal solo rimanere superficiali nel dover solo fare l’amore. Prima l’amore si è e poi si fa. E noi siamo il linguaggio. E’ questo che ci distingue da tutti gli altri esseri della Terra. Siamo fatti di parole, non quelle al vento, ma quelle che si incarnano pesantemente nella nostra storia d’amore.

Quanto bello sarebbe se ci fermassimo attorno al fuoco, in questo tempo di frenesia, per raccontarci storie d’amore, quelle vere, che ci accendono il cuore. Attorno al fuoco, in questo buio pesto della vita.

E’ quello che ha fatto il grande Fabrizio De André nel suo arco della vita da storia sbagliata, perché così poco compreso ancora oggi. Non gli interessava dare una morale alla vita, non voleva insegnare niente a nessuno. Ma raccontare le storie di persone che hanno vissuto storie sbagliate. Perché aveva capito che dentro ogni storia (che è storia d’amore e quindi di salvezza) c’è sempre una “goccia di splendore, di umanità”, che forse le storie “giuste” hanno perso. Abbiamo troppo perso la nostra umanità. Non preoccuparti se ti trovi nel posto e nel tempo sbagliato… preoccupati piuttosto se sei sempre nel posto giusto. Dovresti domandarti se effettivamente è la tua storia o quella di qualcun altro.

“Due strade trovai nel bosco, io scelsi la meno battuta, per questo sono diverso” (R. Lee Frost). E preferisco essere diverso, diversamente abile, in amore, in tutto. Preferisco sbagliare. Perché sbagliare è umano. Perseverare nel posto giusto è diabolico.

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