Rischia di arenarsi prima del suo avvio il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale dell’ex Ilva di Taranto. A minare la procedura chiesta e ottenuta nel 2021 dall’ex sindaco di Taranto Rinaldo Melucci è una relazione che Acciaierie d’Italia, società che gestisce la fabbrica ionica e composta da Arcelor Mittal e dallo Stato attraverso Invitalia, ha inviato al ministero della Transizione ecologica e nella quale alcuni consulenti dell’azienda hanno sostenuto che il metodo con cui è stata effettuata la valutazione del danno sanitario è errato.

A maggio 2021, infatti, con la Valutazione del Danno sanitario per cittadini e lavoratori, Arpa Puglia e Asl Taranto, avevano accertato che la produzione di 6 milioni di tonnellate d’acciaio – previste dall’attuale Aia – presenta un rischio inaccettabile per la salute dei tarantini. A distanza di sette mesi, però, i consulenti di Acciaierie d’Italia hanno scritto al Mite affermando che c’è un errore nei valori epidemiologici che hanno poi portato alla conclusione di elevato rischio cancerogeno: la lettera deve aver fatto saltare dalla sedia i vertici del dicastero guidato da Roberto Cingolani al punto da costringere il dirigente Paolo Cagnoli a inviare una missiva al Ministero della Salute nella quale ha espressamente chiesto “un riscontro puntuale sulle criticità evidenziate” nella relazione dei consulenti della fabbrica poiché “risultano sostanzialmente diverse rispetto alle conclusioni del Rapporto complessivo VDS+VIIAS 2021 elaborato dagli Enti”. Non solo. L’ex ministero dell’ambiente ha anche aggiunto che “le differenze emerse sono tali da pregiudicare l’eventuale riesame dell’AIA, essendo prodromica la risoluzione di tale controversia che, si ricorda, ha avuto inizio con il citato Rapporto complessivo del 18/05/2021”.

Per dirla con parole più semplici il Mite ha chiesto al Ministero della Salute se davvero producendo 6 milioni di tonnellate d’acciaio ci sia un rischio inaccettabile per la popolazione. E del resto non è neppure la prima volta che viene messo in dubbio, nonostante una quantità di studi scientifici, che siano i veleni dell’ex Ilva a causare danni agli operai agli abitanti di Taranto. Tra i consulenti di questa nuova relazione inviata da Acciaierie d’Italia, infatti, spicca il nome di Carlo La Vecchia, lo stesso che nel 2013 firmò insieme ad altri la relazione che l’allora commissario straordinario Enrico Bondi inviò alle istituzioni e nella quale si sosteneva che i tumori a Taranto non derivavano dalle emissioni dello stabilimento siderurgico, ma dall’uso eccesivo di tabacco e alcool.

In quel documento gli esperti dell’Ilva sostenevano che era “erroneo e fuorviante attribuire gli eccessi di patologie croniche oggi a Taranto a esposizioni occupazionali e ambientali occorse negli ultimi due decenni”, e aggiungevano che in realtà “l’incidenza e la mortalità per tumori riflette esposizioni che risalgono a un lontano passato” e siccome “i tumori al polmone hanno una latenza di 30-40 anni, e riflettono quindi essenzialmente esposizioni dagli anni ’60 e ’70, o precedenti” le cause erano da ricercare altrove: “A tale proposito – chiarirono gli esperti dell’allora commissario Bondi – è noto che a Taranto, città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato più alto rispetto ad altre aree del Sud”.

Questa volta, invece, La Vecchia e i suoi colleghi non hanno puntato il dito sulle cause, ma sul metodo di elaborazione dei dati. Dopo la notizia dei 575 milioni dirottati dalle bonifiche alla produzione, anche questa vicenda ha chiaramente allarmato ambientalisti e cittadini. Mercoledì mattina alcune associazioni ambientaliste tra cui il Comitato cittadino per la Salute e l’ambiente a Taranto e Peacelink, hanno manifestato in città per denunciare le diverse operazioni intorno all’affare Ilva che, secondo i manifestanti, favorirebbero esclusivamente la produzione di acciaio a danno dei cittadini e dei lavoratori.

E sul rischio di stop alla procedura di Riesame, nelle scorse ore Angelo Bonelli, co portavoce di Europa Verde, ha inviato una diffida al ministero della Salute nella quale ripercorrendo tutti gli studi fatti nel corso di questi dieci anni, ha evidenziato come anche il metodo utilizzato nell’ultima Valutazione del Danno Sanitario sia lo stesso adottato negli studi precedenti e mai messi in discussione. Anche sulla base di questo Bonelli ha invitato il ministero della Salute non solo a respingere la richiesta di parere avanzata dal Mite, ma soprattutto a dare avvio al procedimento di riesame dell’Aia per adottare “tutti i provvedimenti necessari a tutelare la salute dei cittadini”.

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