“Il 2022 è iniziato con l’Italia inadempiente nel recepimento della direttiva europea 2019/1937 a tutela del whistleblowing, cioè di chi segnala illeciti nel proprio ambiente di lavoro”. A lanciare l’allarme è Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità Anticorruzione, che oggi primo dell’anno ha diffuso una nota chiedendo all’Italia di adeguarsi in tempi rapidi. “La lotta alla corruzione non ammette cedimenti o che si abbassi la guardia. I whistleblower svolgono un ruolo essenziale nel portare alla luce fatti corruttivi o fondati sospetti di illeciti che possono minacciare l’interesse pubblico. In tutti i Paesi che riconoscono questo istituto, le segnalazioni hanno permesso la protezione di interessi comuni fondamentali, nonché il recupero di ingenti risorse pubbliche”.

Il nostro Paese,che nel 2017 ha approvato la legge fortemente voluta dal M5s, ora si mostra in ritardo nell’adeguarsi alle norme richieste da Bruxelles. “In Italia”, prosegue Busia, “la delega per recepirla è scaduta lo scorso agosto. Come Anac abbiamo contribuito con gli Uffici del Ministero della Giustizia a predisporre un testo, che ritengo fortemente avanzato. Purtroppo è tutto fermo. Non mi risulta che si sia avviato alcun iter per il recepimento“. Il presidente Anac si è quindi rivolto all’esecutivo: “Sarebbe utile e opportuno inserire direttamente il decreto delegato in uno dei prossimi provvedimenti del governo, anche per evitare la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Il dispositivo, di fatto, è già pronto”, ha detto Busia. “Proteggere i whistleblower da comportamenti ritorsivi è l’imperativo di organizzazioni internazionali, governi e organizzazioni della società civile convinti che sia un efficace meccanismo di prevenzione e lotta alla corruzione, e tutela del diritto alla libertà di espressione. I segnalatori di malaffare sono molte volte le prime vittime delle loro stesse rivelazioni, dovendo affrontare spesso minacce e ritorsioni sul posto di lavoro, isolamento e stress psicologici di notevole entità”.

La Direttiva Ue 2019/1937 sulla “protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione” nel settore pubblico e in quello privato “marca un passo decisivo – si legge ancora nella nota dell’Anac – nel rafforzamento dell’istituto del whistleblowing e della tutela dei segnalanti da ritorsioni”. In particolare, la Direttiva, include nella definizione di whistleblower anche soggetti al di fuori della tradizionale relazione lavorativa, come consulenti, membri dei consigli direttivi, ex dipendenti e candidati a posizioni lavorative; fornisce protezione anche a coloro che assistono i whistleblower; considera irrilevanti le motivazioni che hanno spinto a segnalare ai fini della garanzia della tutela; permette ai whistleblower di segnalare illeciti direttamente nel luogo di lavoro oppure alle autorità competenti; permette di segnalare utilizzando i media, in alcune circostanze; vieta ogni tipo di ritorsione, incluse minacce o tentativi di ritorsione anche indiretti, e fornisce una lista non esaustiva di esempi; prevede sanzioni per coloro che ostacolano il diritto a segnalare, per coloro che attuano ritorsioni contro i whistleblower e per coloro che non rispettano l’obbligo di mantenere la confidenzialità del segnalante; richiede agli Stati membri di garantire l’accesso a un servizio gratuito, comprensivo e indipendente di assistenza all’interno del settore pubblico; prevede la possibilità di fornire assistenza legale e finanziaria ai whistleblower; introduce l’obbligo di prendere in carico le segnalazioni e mantenere il whistleblower informato entro un tempo ragionevole.

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