Sull’onda lunga del precedente, anche il 2021 è stato un anno importante per la musica “tutta”: nessun genere escluso. La pandemia tuttora in atto ha sicuramente stanato diversi artisti, regalato insperati ritorni e segnato il rientro, in classifica, di sonorità che sembravano destinate a giocare non più d’attacco bensì di rimessa: basterebbe fare i nomi di Olivia Rodrigo, da una parte, e dei Maneskin, dall’altra. Se la popstar americana ha segnato un nuovo record, a maggio, con l’uscita del suo album di debutto Sour, la pluripremiata band romana è nel frattempo diventata la più presente di sempre, tra gli italiani, nelle classifiche proprio d’oltreoceano: era stata la loro cover di Beggin a scalzare dalla vetta di Spotify, mesi fa, la (di lei) hit Good 4 u.

La musica, come la storia, sembra seguire sempre lo stesso filo: una serie di eterni echi e ritorni, che tornano a dettare leggi già conosciute nei decenni precedenti. Che i due esempi appena forniti siano destinati a durare nel tempo, per merito e qualità e non più sulla scia del clamore, è tutto da dimostrarsi: un discorso, questo, che non tocca certo Billie Eilish, che col suo disco più intimista e meno catchy (Happier Than Ever) conferma, invece, di essere la vera rockstar dei nostri tempi. E a dirlo per primo è stato Dave Grohl: non certo uno qualunque. Merito che lei stessa è certo consapevole di dover dividere col fratello Finneas: un pozzo da cui attingere a piene mani, molto più di un banale comprimario.

Come non citare poi anche il ritorno alla musica, dopo un lustro, di Adele: con 30 si è imposta a tal punto da ridefinire le regole dello streaming, alla stessa maniera di quell’Ed Sheeran (=) battuto, per di più in patria, solo dagli svedesi Abba. Menzione d’onore per Taylor Swift, che di prepotenza (e come promesso) torna a dettar legge con due album (Fearless e Red), riregistrati a seguito della vendita di parte del suo catalogo a Scooter Braun.

Sul fronte dei live è invece Harry Styles l’artista di maggior successo, con i sempreverdi Rolling Stones primi invece per numero di biglietti venduti: bene anche Weezer, Fall Out Boy e Green Day – assieme per il già rimandato Hella Mega Tour -, rinvigoriti infine i Guns N’ Roses, nonostante il tanto atteso riavvicinamento tra Slash, Axl Rose e Duff McKagan abbia fruttato, dal 2016 a oggi, due soli “inediti” (Hard Skool, Absurd), risalenti per altro alle sessioni di registrazione dell’ultimo Chinese Democracy (2008).

Una specie di eterna lotta tra il prima e il dopo che vede abbracciati e al contempo in guerra due diverse generazioni: quella cresciuta acquistando musica, di contro a chi invece questa ha imparato a scoprirla e fruirne da uno smartphone. Fenomeni, alcuni, di difficile comprensione, che rendono ancor più evidente la distanza tra i vecchi e i nuovi nati, proiettati in un’ottica di consumo veloce, al netto pure della ricomparsa di stilemi e suoni retaggio di un passato lontano in grado di tornare utile all’occorrenza.

Con queste premesse, è certo che dal 2022 possiamo attenderci solo il meglio: sperando in un ritorno alla normalità che riguardi l’intera filiera dell’intrattenimento, sperando che di questo passo siano più i sopravvissuti che non i morti per strada.

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