La periferia di Napoli può essere una meta turistica. Un turismo che non vede al centro però l’enogastronomia o il panorama, ma un turismo fatto di esperienze. Roberto Malfatti, presidente della cooperativa Sepofà (in napoletano “si può fare”) vuole ripartire dai giovani, quelli che non trovano o non cercano più lavoro, per fare di loro delle guide turistiche particolari che raccontino il territorio. In particolare, che raccontino la sesta municipalità di Napoli, uno dei quartieri più grandi e popolosi della città. Si tratta della zona più giovane del capoluogo, e lì si registra il tasso di dispersione scolastica tra i più alti del capoluogo campano. Si snoda tra San Giovanni a Teduccio, un sito di interesse nazionale (Sin) per le tematiche ambientali, e Ponticelli, che tra tra “stese” di camorra, omicidi e atti intimidatori viene citata tra le aree più problematiche del territorio.

Nasce così il progetto A.C.Q.U.A. (Aree Cittadine ri-Qualificabili da Umane Alleanze), presentato il 15 dicembre scorso, che punta a unire generazioni diverse per creare nuovi tipi di lavoro attraverso un progetto di marketing territoriale e turismo esperienziale di Napoli Est. Il suo obiettivo è costruire il primo distretto innovativo e sostenibile, sia in termini culturali che economici. “Un progetto che ambisce a produrre sviluppo non può prescindere da questi dati problematici, proponendo proprio delle opportunità a quei giovani che non trovano sbocco né nella formazione canonica né nel lavoro”, dice Roberto Malfatti a ilfattoquotidiano.it. Il progetto nasce da una cordata che vede, oltre a Sepofà, l’associazione Trerrote, Sis (Social Innovation Society), ViaggieMiraggi e l’ente di formazione Enaip. Tutto o quasi si basa sul finanziamento del bando europeo “I quartieri dell’innovazione”, che permetterà di investire 150mila euro, cui si aggiunge un piccolo cofinanziamento delle associazioni.

Il piano prevede la formazione di attività per i giovani detti Neet, (la fascia che non ha e non cerca lavoro), dove il tessuto produttivo, il terzo settore e la cittadinanza tutta, si confronteranno in laboratori di co-progettazione che serviranno a costruire tour sul territorio. Al centro di questi tour proprio la sesta municipalità, i suoi negozi e i suoi abitanti. A fare da guida, giovani che verranno formati a far scoprire la periferia napoletana nei suoi sviluppi artistici ed economici. “Il progetto è molto articolato”, spiega Malfatti. “Quello delle guide e dei tour è solo una parte, poi c’è il marketing territoriale: si crea sostanzialmente il brand Napoli Est“. Attraverso questo, i commercianti napoletani si potranno affiliare al brand Acqua e al suo circuito etico. “Offriamo pubblicità dei loro prodotti e possono chiedere di essere seguiti anche comunicativamente da noi”. Così facendo, si offre a chi visita la zona orientale di Napoli percorsi co-progettati con il territorio che coinvolgono una catena di commercianti, trasformando una visita in quartiere in un’altra forma di turismo. “Si tratta di turismo esperienziale per conoscere e scoprire la periferia, formazione artistica e professionale per inserimento nelle risorse umane necessarie per i tour. Si rimette al centro teatro, l’archeologia industriale, la formazione, e riscopriamo la storia di un quartiere che era e resta a vocazione operaia“, continua Malfatti.

“Un territorio isolato per anni può solo rispondere con l’unica arma che ha a disposizione: la rete di associazioni e cooperative che ha sul proprio territorio e che ha al suo interno competenze multidisciplinari”. Si prevedono quindi corsi di formazione certificati in ambito turistico e di animazione territoriale, con borse di lavoro che prevedono un inserimento immediato. Un lavoro pratico unito alla sensibilizzazione sulle tematiche sociali, criminali e ambientali. Proprio riguardo l’ambiente, Malfatti ricorda come San Giovanni a Teduccio- una zona Sin dove si attendono bonifiche da oltre 30 anni- sia “la grande occasione mancata di questa città”.

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