“Patrick è stato trasferito in una cella sporca, senza bagno nel carcere di Mansoura e picchiato dalla polizia”. Le parole di Mohamed Hazem Abbas, l’amico del cuore dello studente del programma Erasmus dell’Università di Bologna in cella da 22 mesi in Egitto, scuotono l’incontro pubblico a Più liberi, più liberi, la fiera della piccola e media editoria di Roma. Alla vigilia del processo che potrebbe condannare Zaki a diversi anni di prigione, ancora una volta l’ombra delle violenze nei suoi confronti da parte delle autorità carcerarie. Hazem a Roma e Marise, la sorella di Patrick, in collegamento da remoto dal Cairo, una conferenza per tenere alta l’attenzione sul caso. In serata dal coordinamento della campagna “Patrick Libero” arriva una nota ufficiale per smentire le dichiarazioni di Mohamed Hazem Abbas: “Patrick non è stato picchiato – si legge nella nota diffusa dall’account ufficiale della campagna per la libertà di Patrick Zaki -. Purtroppo si tratta di un’informazione non attendibile comunicata proprio all’amico di Patrick che ha parlato oggi (ieri, ndr) durante l’incontro a Roma. Si è verificato uno spiacevole malinteso. Ci auguriamo che queste dichiarazioni non si trasformino nell’ennesima occasione di rappresaglia nei confronti di Patrick da parte degli apparati giudiziari e di sicurezza”.

Un malinteso pericoloso, considerando che le dichiarazioni del grande amico e membro della campagna “Patrick libero” si sono diffuse a macchia d’olio. La nota che smentiva la questione delle botte subite da Patrick è arrivata dagli stessi membri della campagna, oltre che dalla sorella dello studente della Unibo. In serata il Fatto.it ha contattato direttamente Hazem Abbas per capire come fossero andate le cose: “Le informazioni che abbiamo ricevuto prima della conferenza alla Fiera del Libro dall’Egitto erano sbagliate – spiega l’amico di Patrick Zaki -. La notizia del trasferimento di Patrick nella prigione di Mansoura con due giorni di anticipo rispetto al processo di martedì è praticamente confermata. In passato, durante tutte le udienze, Zaki veniva portato dal Cairo a Mansoura poche ore prima di finire alla sbarra e ogni volta, puntualmente, arrivavano le aggressioni. Per questo motivo noi ci siamo preoccupati che ciò potesse accadere anche stavolta. Un eccesso di presunzione forse sufficiente per diffondere la notizia del solito, drammatico refrain, su cui però, almeno al momento, non abbiamo alcun riscontro ufficiale. Speriamo, al contrario, che la notizia non venga mai confermata. L’udienza di martedì? Non sono particolarmente ottimista, la pressione sul governo egiziano è piuttosto scarsa da parte dei governi e delle istituzioni internazionali. Colgo l’occasione per invitare tutti domani (lunedì) alla protesta di Bologna per esercitare la giusta pressione nei confronti del regime del Cairo”. Durante l’incontro alla Fiera del libro di Roma, organizzato da Repubblica, Marise Zaki è intervenuta ringraziando l’Italia e gli italiani per il supporto: “Patrick ha sempre aiutato i deboli, ora ha bisogno di voi. Ricordo a tutti che l’udienza di mio fratello è martedì e lui rischia cinque anni di carcere”. Un appuntamento seguito col fiato sospeso in Egitto e in Italia. Patrick Zaki rischia il carcere per alcuni articoli scritti in passato a difesa della comunità copta di cui fa parte la sua famiglia. Si tratta di uno dei due casi che tengono lo studente Erasmus in cella dal 7 febbraio del 2020; l’altro riguarda alcuni post su Facebook che Patrick ha pubblicato sul suo profilo alla fine del 2019, quando si trovava a Bologna per seguire il corso di studi.

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