Un quarto delle aziende di coltivatrici di mele in provincia di Bolzano impiegano lavoratori irregolari. È questa la conclusione a cui è arrivata la Guardia di Finanza dopo oltre 100 controlli effettuati dai reparti competenti in occasione della vendemmia e della raccolta delle mele. In totale si tratta di 70 lavoratori, dei quali 52 utilizzati completamente “in nero”. Le ispezioni sono state svolte in alcuni casi assieme al personale dell’Ispettorato nazionale del Lavoro presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Le nazioni di appartenenza sono diverse, anche se il maggior numero è costituito da italiani, rumeni, bulgari, polacchi e slovacchi. In una percentuale minore sono stati trovati cittadini albanesi o immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia (Pakistan). “Ormai conosciamo quali sono i diversi tipi di prodotti che vengono raccolti e il momento in cui ciò avviene. Per questo siamo andati a colpo sicuro, in un periodo compreso tra metà agosto e la fine di ottobre. Praticamente si è trattato di un controllo porta a porta”, spiega il generale Gabriele Procucci, comandante provinciale delle Fiamme Gialle. “Non avendo segnalato fenomeni di caporalato, non abbiamo riscontrato situazioni particolarmente critiche per quanto riguarda lo sfruttamento, da un punto di vista dei salari orari e della durata dell’impiego giornaliero”, ha concluso.

Per quanto riguarda i lavoratori completamente “in nero”, per i quali è stata accertata la mancata comunicazione preventiva all’Ispettorato del Lavoro, è stata applicata la cosiddetta “Maxisanzione” che va da un minimo di 1.800 a un massimo di 43.200 euro per ciascun lavoratore. La gradazione avviene in base ai giorni di effettivo impiego. In 6 casi è stato accertato l’impiego irregolare di braccianti che erano anche privi del permesso di soggiorno e, quindi, presenti come clandestini sul territorio nazionale. I datori di lavoro sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Bolzano per violazione della legge “Bossi-Fini”, secondo cui l’impiego di lavoratori stranieri sprovvisti di permesso di soggiorno costituisce reato ed è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.

In un solo caso, l’irregolarità constatata si è concretizzata nella mancata comunicazione all’Inps dell’impiego di una bracciante agricola, mediante l’utilizzo del cosiddetto “Libretto Famiglia” che deve essere attivato nei casi di prestazioni lavorative svolte in modo sporadico e saltuario. La normativa prevede per l’utilizzatore del libretto l’obbligo di comunicare una serie di dati almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione lavorativa, tra cui il momento di avvio e di conclusione del lavoro. In questo caso è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria che va da da 500 a 2.500 euro per ogni prestazione lavorativa giornaliera per cui risulta accertata la violazione.

“In virtù anche del perdurare dell’emergenza pandemica, l’azione di contrasto svolta dalla Guardia di Finanza a tutela della legalità fiscale e contributiva assume un particolare rilievo – ha detto il colonnello Procucci – Non soltanto per via delle ingenti risorse che il ‘sommerso’ sottrae al benessere della collettività, ma anche per il fatto che questo genere di condotte illegali altera le regole del mercato e danneggia i cittadini e gli imprenditori onesti”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Milazzo, la denuncia della Fiom: “Sindacalista pedinato e poi licenziato”. L’azienda lo accusa di aver utilizzato troppi permessi

next
Articolo Successivo

Dipendenti pubblici e smart working, ecco le nuove regole del ministro Brunetta. Manca l’atteso cambiamento di metodo e valutazione

next