Sentire urlare contro green pass e vaccini personaggi che rimandano alla fisiognomica di Cesare Lombroso fa sempre impressione, ma mai quanto le parole di due già stimati filosofi come Massimo Cacciari e Giorgio Agamben. Sentirli sparare a zero contro tutto ciò che si oppone all’arbitrio, più che alla libertà individuale, produce uno sgomento ancor maggiore. Ogni loro fine sfumatura del linguaggio degna del Dottor Sottile scompare e lascia il posto a rozzi asserti autoreferenziali.

È vero che un vaccinato può contagiare e contagiarsi, che il vaccino ha una durata limitata che non può essere immediatamente prevista ma osservata a posteriori, che i bambini sono meno colpiti degli anziani pur essendo più esposti al long Covid, ma è la frequenza e la magnitudo dell’accadere degli eventi che è radicalmente diversa tra vaccinati e non vaccinati. Non c’è dicotomia determinista, perché la Natura non segue leggi deterministiche, come c’insegnano la Fisica e la Biologia, ma si muove nella penombra della probabilità che si avvale di diversi parametri di lettura e interpretazione.

Ogni report dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) lo documenta e lo illustra anche con grafici lapalissiani. La correlazione tra copertura vaccinale della popolazione, con e senza distanziamento associato all’utilizzo dei DPI, traccia nei diversi Paesi un netto gradiente rispetto agli effetti attesi in termini di decessi e terapie intensive. Il punto di vista delle Istituzioni scientifiche, nazionali e internazionali, non ha la natura della decisione politica, per quanto queste non siano impermeabili al conflitto d’interesse, ma costituisce la sintesi di un pensiero collettivo in continua evoluzione, che si modula via via che si acquisiscono nuove evidenze. Tra queste la sicurezza e l’efficacia del vaccino sui bambini che per altro sono sempre i primi ad averne tratto giovamento, come dimostra il crollo della mortalità infantile laddove vige una pratica vaccinale di massa.

Un pensiero esposto alla trasparenza di pubblicazioni scientifiche sottoposte in anonimato a qualificati revisori scelti di volta in volta per competenza disciplinare di argomento trattato: è questo che “fa testo”, è questa la letteratura scientifica di riferimento, non il singolo articolo o l’esternazione ex-cathedra di “fior di scienziati” che come il Nobel Luc Antoine Montagnier non hanno condotto studi sul tema specifico. Anche il grande della scienza non è legibus solutus. Cacciari sembra invece comportarsi come uno studentello d’altri tempi che si è preparato sul “Bignamino” e che ambisce a discettare con il professore, anzi a contraddirlo con affermazioni incompetenti, come il vaccino mRNA che non sarebbe tale ma mera terapia lenitiva ed inviti ridicoli ad avvalersi di altre ed imprecisate fonti.

Cambiando di piano, sembra ignorare poi che un giudice, in caso di evento vaccinale avverso, “se ne fa un baffo” di un consenso informato come quello che firmiamo in ogni occasione impegnativa di accertamento o terapia sanitaria. Non solo quindi per questo vaccino. Il problema del consenso informato in medicina è questione generale e complessa. Non banalizziamo dicendo che il consenso informato costituisce la liberatoria da ogni responsabilità istituzionale.

Rispetto ovviamente la competenza di Cacciari a discutere di filosofia del Diritto, e tutto quello che sostiene su Stato di emergenza e Stato di eccezione che mina la libertà democratica è logicamente ineccepibile. Peccato però che si fondi su di una falsa premessa che fa crollare il suo castello argomentativo. La pandemia c’è, produce migliaia di morti e mette in ginocchio i sistemi economici di tutto il mondo che riconoscono come prime vittime non il ricco Epulone, ma il povero Cristo. Ricercatori di tutto il mondo sono riusciti con un generoso sforzo corale a trovare una soluzione nell’immediato di cui purtroppo si avvalgono ancora solo pochi privilegiati nel mondo che, come non bastasse, si permettono pure di arricciare il naso e di negare il problema. Ma l’erudito Don Ferrante aveva almeno l’attenuate di essere un personaggio del XVII secolo.

Dal narcisismo di chi non vuole mai rinunciare alla scena, costi quel che costi, si passa poi alla lucida follia di chi, come Giorgio Agamben, denuncia senza mezzi termini un “colpo di stato” che troverebbe il proprio strumento nel green pass come atto autorizzatore di libertà che in quanto autorizzabili cesserebbero di essere tali, soprattutto quando le regole trasferite nel green pass continuano a cambiare creando incertezza del diritto e quindi assenza di diritto. Il modello di Stato che si verrebbe a creare sarebbe quello “duale” di stampo nazista in cui, a fianco del simulacro istituzionale svuotato di ogni effettività, opererebbe un altro soggetto esterno dotato invece dei veri poteri. E questa trasformazione surrettizia sarebbe avvenuta grazie a ciò che Agamben definisce “infame complicità” dei giornalisti. La manifestazione di Trieste che associava gli internati nei campi di sterminio nazista alla condizione dei no green pass trova qui la sua “colta” giustificazione, ma non per questo meno esecrabile ed offensiva della Shoah.

L’uomo della clava ha imparato a modulare i propri impulsi violenti grazie alla cultura che ha accompagnato la storia della civiltà pur tra vistose contraddizioni. Sarebbe sbagliato però pensare, come proprio insegna la Germania che ha partorito il nazismo, che la cultura sia un “vaccino” dotato di sufficiente copertura contro il famoso “sonno della ragione” che genera mostri.

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