Un leggero di sconto di pena rispetto alla sentenza di primo grado, ma la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ha di fatto confermato le condanne per l’omicidio di Fortunata Fortugno, avvenuto il 16 marzo 2018 quando era in auto con l’amante, il boss Demetrio Lo Giudice detto “Mimmo u boi”. L’agguato si era consumato nella periferia nord della città, vicino al torrente Gallico dove Lo Giudice si era appartato con la Fortugno.

La sentenza del processo “De Bello Gallico” è arrivata oggi e ha confermato l’attendibilità del collaboratore di giustizia Mario Chindemi, condannato a 7 anni di reclusione. La pena più pesante, 18 anni e un mese di carcere, è stata inflitta a Paolo Chindemi. Entrambi sono stati giudicati colpevoli di omicidio.

Secondo la ricostruzione della Dda di Reggio Calabria, poi confermata dal pentito Mario Chindemi, erano a bordo dell’Audi A3 da cui è scesa una terza persona (il killer sul quale i pm stanno ancora indagando) che ha sparato contro il suv di Lo Giudice, che si è costituito parte civile. Mentre la donna è stata colpita alla testa, il boss ritenuto vicino alla cosca Tegano è stato raggiunto da un colpo di pistola al braccio. Questo, però, non gli ha impedito di mettere in moto l’auto e scappare. Prima ha sbagliato strada, rischiando di incrociare nuovamente l’Audi di Paolo Chindemi, e poi ha raggiunto l’ospedale dove però Fortunata Fortugno è morta.

Le indagini, coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal pm Walter Ignazitto, hanno riscontrato le dichiarazioni del pentito Chindemi secondo cui l’obiettivo dell’agguato in realtà era quello di rubare l’auto di Lo Giudice che poi sarebbe servita per altre azioni criminali.

Zio e nipote rispondevano anche di associazione mafiosa, reato per il quale al termine del processo la Corte d’Assise d’Appello ha condannato anche gli altri tre imputati Ettore Corrado Bilardi (14 anni di carcere), Santo Pellegrino (11 anni e 8 mesi) e Pietro Pellicanò (12 anni e 8 mesi).

Da alcuni anni, nel quartiere di Gallico si sono registrate frizioni tra i vari gruppi mafiosi per il predominio del territorio. L’inchiesta della Dda, infatti, ha fatto luce su diversi danneggiamenti consumati ai danni degli esercizi commerciali. Grazie alle intercettazioni ambientali, gli uomini della Mobile avevano dimostrato che lo scopo fondamentale del gruppo Chindemi era quello di affermare a Gallico la propria leadership criminale conquistando spazi sempre più ampi con l’uso delle armi nelle azioni volte ad assumere il controllo delle attività estorsive in danno di imprenditori e commercianti del luogo e ad eliminare esponenti delle fazioni contrapposte.

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