Nell’ultima settimana in Germania si sono registrati 23.290 casi di nuove infezioni tra gli studenti e 54.364 sono stati messi in quarantena. Lo ha fatto sapere la conferenza dei Ministri della cultura, la Kultusministerkonferenz, che registra con regolarità i dati dell’infezione Covid tra i giovani. La stessa conferenza ha ribadito l’intenzione di mantenere l’insegnamento in presenza, ma al contempo non si è trattenuta dal lanciare l’allarme.

I numeri emergono da un’indagine su poco meno di 24mila scuole e 8,5 milioni di allievi. Riflette perciò solo una parte del totale in tutto il Paese, in cui si contano 40mila scuole ed almeno 11 milioni di studenti. Mancano però i dati provenienti da alcune regioni: per esempio dal Baden Württemberg, dove per la settimana di Ognissanti non stati raccolti. I Länder, in generale, non ricevono risposte da tutti gli istituti. Ai numeri si devono inoltre aggiungere circa 1.800 casi registrati tra gli insegnanti e 1.100 docenti in quarantena su un campione di 741mila. I numeri più alti sono dati dalla Baviera che da sola ha segnalato 10.007 allievi con il Covid e 16.721 in quarantena e dove pure le scuole nella prima settimana di novembre erano chiuse.

In 243 istituti, molti più che altrove, le lezioni funzionano comunque solo parzialmente in presenza. Il dato bavarese è alto in proporzione anche agli insegnanti: in 651 hanno contratto l’infezione e 176 figurano in quarantena. Per paragone si consideri che il Nord Reno Vestfalia che ha oltre 4,8 milioni di abitanti in più ha registrato nella scorsa settimana rispettivamente 5.034 studenti con il Covid e 16.402 in quarantena; 328 insegnanti infettati e 285 in quarantena.

La Baviera ha già imposto il ritorno della mascherina a lezione per i bambini delle elementari da questa settimana e per gli studenti ginnasiali anche i test quotidiani. Domenica il governatore Markus Söder ha indicato che i test saranno prolungati per tutti gli alunni con cadenza trisettimanale. Le misure sono state estese per scongiurare chiusure scolastiche. Già un anno fa, d’altronde, affidandosi all’insegnamento a distanza gli insegnanti avevano avuto difficoltà a coprire i programmi e valutare l’apprendimento di tutti gli allievi. Non si può però ignorare che circa il 57% dei giovani tra i 12 ed i 17 anni in Germania non è ancora vaccinato contro il Covid ed in questa fascia di età si hanno maggiori contatti. Quanti si infettano a scuola possono in seguito contagiare altri.

Come riporta il Robert Koch Institut, nei bambini e negli adolescenti in genere il decorso del Covid è lieve e spesso asintomatico, o tutt’al più monosintomatico. Per quanto rari non mancano però dei casi gravi anche in assenza di infezioni pregresse. Non sono ancora chiare le connessioni con l’infezione per coronavirus, ma si sa che raramente dopo circa due settimane da un contagio può insorgere una sindrome infiammatoria multi-sistemica pediatrica (PIMS), con febbre alta, dolori, vomito, eruzioni cutanee e stanchezza, che deve essere curata con terapie intensive. Per il Robert Koch è perciò indispensabile venga imposto a macchia d’olio l’uso delle mascherine a lezione. Dall’inizio della pandemia in Germania ci sono stati infatti 27 deceduti sotto i vent’anni, seppure 17 adolescenti avessero già patologie serie, nessuno può augurarsi che aumentino. Parallelamente uno studio inglese dimostra che chi deve ricorrere ad un’ospedalizzazione ha comunque altrettanti rischi di complicazioni come una persona sopra i cinquant’anni.

In questa quarta ondata, anche il presidente del Rki Lothar Wieler, durante una conferenza stampa con il ministro della Sanità Jens Spahn (Cdu), ha definito preoccupante l’incidenza molto elevata del Covid tra gli studenti. L’andamento si può riscostruire affidandosi ai dati più recenti sui contagi per fase di età diffusi dal Rki relativi alla 44esima settimana dell’anno, dal 1° al 7 novembre. L’incidenza media nazionale delle infezioni ogni 100mila abitanti all’epoca era pari a 211,85 e tralasciando i neonati e bambini da 0 a 4 anni tra cui a fine ottobre figurava un valore di contagi inferiore alla media (109,77); negli studenti dai 5 ai 9 anni l’indice saliva a 345,15; dai 10 ai 14 anni cresceva ancora a 411; tra 15 e 19 anni a 302,14 ed infine tra 20 e 24 anni toccava sempre 256,80. Considerando le fasce di età maggiore solo tra i 35 e 39 anni e 40 ed i 44 anni si ritrovavano incidenze settimanali simili, rispettivamente 265,02 e 272,48. Mentre persino tra gli ultra novantenni la frequenza era inferiore attestandosi a 196,52; ed ancora meno tra 85 ed 89 ed 80 ed 84 anni, rispettivamente 137,40 e 114,36.

La Deutschen Gesellschaft für Pädiatrische Infektiologie sta svolgendo una ricerca sulle conseguenze sanitarie di lungo termine di un’infezione di Covid-19 tra i ragazzi. Vuole discernere tra i casi effettivi di long covid e quanti invece lamentino disturbi da ricondurre al perdurare dello stato di emergenza. Ci sono infatti anche molti quesiti aperti su come la generazione z sia psicologicamente segnata dalla pandemia. Il professor Lothar Wieler ha comunque invitato a non sottovalutare la portata del long covid nei giovani anche se è ancora poco chiaro quanto sia effettivamente frequente e duraturo. Lo stesso RKI dà traccia di studi con risultati molto diversi tra loro. Un’indagine italiana apparsa in Acta Paediatrica il 9 aprile 2021 su 129 bambini. Ha registrato che dopo più di quattro mesi da una infezione acuta, più della metà aveva almeno a intermittenza un sintomo, e che il 42,6% era svantaggiato nelle proprie attività quotidiane. Come per gli adulti lamentavano stanchezza, dolori arto-muscolari, mal di testa, insonnia e frequenti difficoltà respiratorie. Un altro studio americano pubblicato su Clinical Infectious Diseases il 28 aprile 2021 per contro non ha riscontrato persistenza di sintomatologie tra i minori. Mentre un’indagine inglese su bambini tra i 2 ed i 16 anni, diffusa dall’Office for National Statistics britannico il 1° aprile 2021, ha registrato che solo il 7%-9% del campione avesse sintomi da long covid dopo 12 settimane; un’indagine svizzera del 21 maggio 2021 sugli allievi di 55 scuole primarie e secondarie di Zurigo ha concluso che solo dal 2% al 4% dei bambini avesse sintomi da long covid oltre le 12 settimane. La tedesca ZdF a giugno citava anche uno studio svedese che confermava che anche i bambini ed i giovani possono essere colpiti seriamente dal Covid; mentre un altro condotto a Dresda su 1.560 studenti registrava che il long covid tra i giovani sia raro e molti sintomi da ricondurre ad un lungo lockdown. La buona notizia è che, secondo la München Klinik Long Covid Ambulanz, un osservatorio dedicato ai malati fino a 25 anni nato dalla collaborazione tra le cliniche universitarie del capoluogo bavarese, molti bambini si possono poi liberare anche dei sintomi di lunga durata. Ciò detto -cita però l’home page dello stesso ente- è anche vero che un quadro complesso di sintomatologie può restare anche se tutte le indagini standard risultano normali.

Nondimeno l’EMA ha annunciato che deciderà solo tra due mesi se ammettere il vaccino Moderna per i bambini dai 6 agli 11 anni. Mentre la Commissione permanente tedesca per le vaccinazioni, la StiKo, ha modificato le sue indicazioni: una maggiore frequenza di casi di infezioni del muscolo cardiaco nei giovani verificatisi col prodotto Moderna suggerisce che d’ora in poi dai 12 ai 30 anni si vaccini solo con il preparato Pfizer-BionTech. Per il Pofessor Wieler il virus è cambiato ed è più aggressivo, ma comunque la vaccinazione resta molto efficace. Ciò nonostante, si segnalano sempre più casi di aggressività contro il personale medico che sprona a vaccinarsi, o semplicemente chiede l’osservanza delle norme di sicurezza ai visitatori in corsia.

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