Mentre l’Italia rinvia per l’ennesima volta l’introduzione della tassa sulla plastica, facendo esultare le lobby, ed è ancora alle prese con diversi problemi che ostacolano il corretto recepimento della direttiva europea sul monouso (si rischia una procedura di infrazione), altri Paesi stanno utilizzando proprio il recepimento della direttiva per varare nuove norme che riducano gli imballaggi usa e getta. È il caso della Francia, che ne ha annunciato la fine per numerosi prodotti ortofrutticoli da gennaio 2022, e della Spagna, dove dal 2023 nelle attività commerciali (indipendentemente dalla loro dimensione) non saranno più vendute in imballaggi di plastica frutta e verdura confezionate in lotti di peso inferiore a un chilo e mezzo.

LA FRANCIA E LA SUA LEGGE ANTISPRECO – In particolare il governo francese vieterà l’utilizzo di involucri di plastica di peso inferiore a un chilo e mezzo per la vendita di circa 30 tipi di frutta e verdura. Nella lista mele, pere, arance, clementine, kiwi, mandarini, limoni, pompelmi, prugne, meloni, ananas, mango, frutto della passione, cachi. Per la verdura, invece, porri, zucchine, melanzane, peperoni, cetrioli, patate e carote, pomodori tondi, cipolle e rape, cavoli, cavolfiori, zucca, pastinaca, ravanello, topinambur, ortaggi a radice. Si prevede una soglia di tolleranza fino al 2026 per i prodotti più fragili, come i frutti rossi. Da sottolineare che in Francia, il 37% dei prodotti ortofrutticoli viene oggi venduto con l’imballaggio. Secondo il governo la misura “dovrebbe permettere di evitare oltre un miliardo di inutili imballaggi in plastica all’anno”. Ma Parigi sta lavorando su più fronti, grazie alla Legge antispreco che si pone più obiettivi: riduzione della plastica usa e getta, lotta allo spreco, riutilizzo degli oggetti, lotta all’obsolescenza programmata e miglioramento dei sistemi di produzione. In questo contesto la legge prevede la fine della commercializzazione degli imballaggi in plastica monouso entro il 2040 con step intermedi ogni cinque anni. Già per il 2025 si punta a una riduzione del 20%. Ma la stessa norma che vieta il packaging in plastica per l’ortofrutta, bandisce molti altri prodotti: dal materiale pubblicitario spedito per posta, ai giocattoli di plastica, di quelli generalmente inseriti all’interno di prodotti alimentari e destinati ai bambini, o quelli dati in omaggio se si acquista un menu completo nei fast-food. “La Francia si è posta l’obiettivo di ridurre l’immesso al consumo delle bottiglie del 50% entro 2030” spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace.

LA SPAGNA E IL REGIO DECRETO SUGLI IMBALLAGGI – E lo ha fatto anche la Spagna, che si è posta lo stesso target in un regio decreto su imballaggi e rifiuti che contiene anche misure per incoraggiare la vendita di acqua sfusa e non in bottiglia. Ed anche Madrid si muove sul fronte degli imballaggi nell’ortofrutta. La Spagna ha già annunciato che dal 2023 nelle attività commerciali al dettaglio (indipendentemente dalla loro dimensione), frutta e verdura confezionate in lotti di peso inferiore a un chilo e mezzo non saranno più vendute in imballaggi di plastica. Il regio decreto prevede, anche in questo caso, una lista di prodotti a rischio deterioramento (esclusi, quindi, dal divieto) che verrà stilata dall’Agenzia spagnola per la sicurezza alimentare e la nutrizione. Per inciso, rispetto alla tassa sulla plastica per cui i Paesi europei poco o nulla hanno fatto, la Spagna imporrà una nuova tassa sull’uso degli imballaggi in plastica non riutilizzabili, fissando l’aliquota a 0,45 euro al chilogrammo.

GERMANIA, AUSTRIA E REGNO UNITO – La Germania, invece, si era già mossa con la legge sugli imballaggi (VerpackG), entrata in vigore il 1° gennaio 2019 modificata la scorsa primavera dal Bundestag, il Parlamento federale tedesco. Ma dal 2023, ristoranti, bistrot e caffetterie dovranno poter vendere (anche a domicilio) bevande e cibo da asporto anche in contenitori riutilizzabili, senza che vi sia un costo aggiuntivo. Questi contenitori verranno consegnati ai clienti a fronte di un deposito cauzionale, che li spinga alla restituzione. Anche in Austria, con una serie di limiti, qualche settimana fa è stata approvata una norma (che non entrerà in vigore, però, prima del 2025) che introduce i sistemi di deposito su cauzione per i contenitori per bevande (bottiglie e lattine) non solo di plastica, ma anche in vetro e alluminio. I consumatori avranno la possibilità in tutti i supermercati, compresi i discount, di acquistare bevande in bottiglie riutilizzabili anziché in plastica usa e getta. In Europa i sistemi di deposito cauzionale, o Drs (Deposit return system) sono già attivi in una decina di Paesi (tra cui Germania, Norvegia, Islanda, Danimarca, Paesi Bassi, Croazia), mentre un’altra dozzina dovrebbe introdurli entro il 2024. Anche il Regno Unito non è un buon esempio: finora solo l’intenzione di introdurre prima della fine del 2024 (e solo in Inghilterra) un sistema di deposito cauzionale per le bottiglie in plastica. Iniziativa annunciata, però, già sei anni fa. Il Governo UK prevede, invece, di adottare una nuova tassa (in vigore da aprile 2022) su tutti i contenitori di plastica, prodotti o importati, con una componente di materiale plastico riciclato inferiore al 30%.

LA NORMA SUL DEPOSITO CAUZIONALE, I SOLDI AI COMPATTATORI – Anche nel decreto Semplificazione bis, approvato a fine luglio, è stato inserito un emendamento a firma del deputato del M5S Aldo Penna, che introduce i sistemi di deposito cauzionale per contenitori per bevande in plastica, vetro e metallo, ma non è chiaro se sarà volontario oppure obbligatorio, mentre sarà difficile che possa entrare in vigore, come previsto, entro novembre 2021. Al ministro della Transizione Ecologica di concerto con il ministro dello Sviluppo economico (previa consultazione delle associazioni delle imprese maggiormente rappresentative del settore), il compito di stabilire tempi, modalità di attuazione, obiettivi da raggiungere, ma anche valori cauzionali, termini di pagamento e modalità di restituzione degli imballaggi. Insomma, la partita è ancora aperta. “Ma nel frattempo – commenta Ungherese – l’Italia va sempre in una direzione tutta sua. Si continua, per esempio, a spendere risorse per i compattatori che, attenendoci alle indicazioni del Parlamento (e dell’Ue), tra qualche anno non dovrebbero servirci più”. Il riferimento è al bando del ministero della Transizione ecologica, con cui si promuove l’installazione di nuovi ecocompattatori. Per gli impianti ‘mangiaplastica’ sono previsti, ha annunciato la sottosegretaria alla Transizione ecologica Vannia Gava (Lega), una dote “di 27 milioni da destinare agli enti locali: una cifra considerevole per coinvolgere i Comuni nella grande sfida che è quella del trattamento della plastica”. E sono soldi del Recovery fund.

DIRETTIVA SUP, SPADA DI DAMOCLE – E poi c’è il nodo del recepimento della direttiva sul monouso, la SUP. Diversi i problemi (oltre ai tre mesi di ritardo). Perché nei giorni scorsi si sarebbe dovuto votare in Commissione Ambiente, alla Camera, il testo del governo. Che, come già segnalato da ilfattoquotidiano.it, presenta diverse differenze con la strada indicata dall’Unione europea. Lo stesso Ungherese è stato in audizione in Commissione, indicando quali fossero: “Il Mite è riuscito a peggiorare la prima bozza, introducendo nuove esenzioni”. La direttiva SUP vieta anche le plastiche biodegradabili e compostabili e bandisce anche i prodotti monouso in carta, ricoperti da un velo di plastica (lining/coating) e che contengono meno del 10% di plastica (mentre il testo italiano ‘salva’ i rivestimenti in plastica che hanno un peso inferiore al 10% rispetto al peso totale del prodotto). “Il ministro Cingolani sta sbagliando il recepimento della direttiva SUP perché promuove la produzione di rifiuti monouso, misti al 10% di plastica – ha dichiarato, a riguardo, il deputato ex M5s Giovanni Vianello – e anche dei cosiddetti compostabili che in realtà rappresentano un problema per il riciclo, a causa dei minori tempi del trattamento dell’organico rispetto ai più lunghi tempi necessari per la scomposizione delle bioplastiche”. La votazione, prevista per la scorsa settimana, di fatto è slittata: il prossimo voto è in programma per oggi. Il tutto a una settimana dal rinvio al 2023 dell’introduzione della plastic tax: una delle poche misure con cui l’Italia avrebbe potuto vantare un primato europeo.

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