Dopo la presentazione alla quale abbiamo assistito poco più di un mese fa, abbiamo messo le mani sulla versione PC della nuova fatica Ubisoft e l’ultimo figlio nato in casa Far Cry: Far Cry 6. Le aspettative erano alte e ora possiamo tirare le somme su Yara e la sua rivoluzione ai danni del dittatore Castillo.

Dopo un breve preambolo siamo chiamati a scegliere il sesso del nostro personaggio, non c’è un protagonista canonico, ma per comodità, avendo scelto Dani al femminile, ci riferiremo con il relativo pronome durante il testo.

Far Cry 6: L’inizio della rivoluzione
Dani è finalmente pronta ad abbandonare Yara insieme alla sua migliore amica e c’è già una barca che le aspetta ormeggiata al porto, ma proprio durante la notte della fuga gli uomini di Castillo fanno irruzione nel quartiere cercando proprio lei, divenuta guerrigliera dopo una breve parentesi nell’esercito. Dopo una fuga rocambolesca Dani raggiunge la barca convincendo non senza fatica il responsabile a far salire a bordo tutti i disperati presenti, ma qualcosa va terribilmente storto. Partiti da poco, un elicottero atterra sul ponte ed entra in scena lo stesso Castillo, perfettamente a conoscenza del fatto che, tra i disperati, era presente anche suo figlio Diego, in fuga insieme agli emigranti. Diego implora il padre di risparmiare gli abitanti dell’imbarcazione promettendo in cambo di tornare al suo fianco e suo padre accetta, ma fa aprire il fuoco ai suoi soldati poco dopo aver salito le scale della stiva.

Sopravvive solo Dani che continuerà a cercare il modo di evadere da quell’inferno che è ormai diventata l’isola di Yara, ma l’incontro con Clara Garcia, militante capo del gruppo di dissidenti Libertad, cambierà di non poco i suoi piani.

Castillo è ben arroccato nella sua roccaforte, circondato dai suoi luogotenenti che hanno il controllo di tre zone ben delineate, impegnati a respingere altrettanti gruppi ribelli pronti ad affondare il coltello nella gola del dittatore: la famiglia Montero, le Leggende del ’67 e i Maxima Matanzas. Solo riuscendo a entrare nelle grazie dei gruppi rivoluzionari sparsi per Yara e ottenendo l’aiuto dei loro eserciti si riuscirà a mettere fine alle angherie del dittatore.

Far Cry 6: una rivoluzione in tutti i sensi?
È ormai scontato che quando si parla di Far Cry viene in mente una sola parola: Villain.

Le aspettative per il nemico principale, dopo le parentesi ormai iconiche di Vaas, Pagan Min e Seed, sono sempre più elevate di capitolo in capitolo e Ubisoft è costretta a salire sempre un gradino più in alto. Vista così, la scelta di assumere un mostro sacro del calibro di Antonio Esposito nei panni di Castillo, che d’interpretazione di villain ne sa qualcosa (se nominiamo Gus Fringe di Breaking Bad dovrebbe accendersi più di qualche lampadina), non risulta certo un’esagerazione.

A livello narrativo in generale siamo certamente davanti alla già citata più volte “rivoluzione”: per la prima volta non interpretiamo un personaggio vuoto privo di faccia e nome, ma un protagonista in carne e ossa, con le sue idee, le sue battute e i suoi modi di fare che da un lato potrebbe togliere un pelo d’immersività rispetto ai capitoli precedenti, nei quali molti traevano piacere nell’immaginarsi effettivamente nei panni dell’anonimo protagonista, dall’altra vengono aperte parecchie strade sul lato narrativo e sull’interazione tra noi e i vari comprimari.

Strade che sono state battute con efficacia vista l’ottima scrittura dei dialoghi e quel miscuglio perfetto di serietà, comicità e humor nero che permea anche il sesto capitolo della serie, con battute sempre sul pezzo alle quali ormai siamo piacevolmente abituate.

È proprio forse l’eccellente scrittura dei comprimari che viene fatta ombra sull’antagonista, da anni ormai quasi il vero coprotagonista della serie, che a volte risulta un po’ stereotipato nonostante le doti attoriali di Esposito traspaiano in tutto il loro splendore. Castillo si porta sulle spalle però un’eredità talmente pesante da spingere la casa madre a costruire un DLC totalmente incentrato sui villain della serie e non sempre il dittatore di Yara ci è sembrato talmente carismatico e imprevedibile da aver toccato i picchi raggiunti dai suoi tre antenati.

Per quanto riguarda il gameplay invece questa rivoluzione si è vista solo in parte: Far Cry 6 resta il solito Far Cry con qualche cambiamento volto a guidare il giocatore verso determinate aree rispetto ad altre, ma senza togliergli un ottimo senso di libertà.

Orfani del solito skill tree, ad esempio, sbloccheremo abbastanza presto e in automatico tutte quelle meccaniche che nei precedenti capitoli ci sarebbero costate qualche perk importante, come la tuta alare o il paracadute, lasciandoci liberi di esplorare l’isola di Yara in lungo e in largo sin dal nostro primo approdo al continente, con le dovute cautele in termini di rapporti di forza con i nemici.

La crescita del personaggio è incentrata sulla salita parecchio lenta del nostro livello che ci sbloccherà nuove armi dai rivenditori e nuove possibilità di crafting alle varie postazioni dedicate, ma non ci sarà assolutamente precluso l’avventurarci in aree ben sorvegliate per sottrarre qualche arma o mezzo avanzato dagli accampamenti nemici.

Parlando di mezzi ci viene concessa una certa libertà anche per quelli: basterà accaparrarsene uno qualsiasi e depositarlo nei garage preposti in modo da averlo sempre a disposizione. Unica eccezione la fanno elicotteri e aerei che sì, saremo in grado di pilotare fin da subito, ma finché non abbatteremo le varie torrette antiaeree presenti nelle varie zone di Yara, non potremo usarli per esplorare l’isola o pena l’abbattimento quasi istantaneo.

La giocabilità
Far Cry 6 presenta qualche problema a livello di shooting experience che, eventualmente e fortunatamente, potrebbe essere sistemato con l’ausilio di qualche patch. Nonostante dell’equipaggiamento preposto ad aumentare le nostre munizioni, i caricatori delle armi automatiche sembrano finire quasi immediatamente, dettaglio che si unisce al fatto che Dani sembra saper sparare fino a un certo punto, anche aiutata da vari accessori attaccati alle armi che dovrebbero aiutarla in tal senso.

Le uccisioni stealth fanno ancora la parte del leone se non si vuole essere martoriati da continui rinforzi nemici, ma quelle ravvicinate, a causa delle lente manovre che saremo costretti a fare per arrivare a una certa distanza alle spalle del nemico senza farci scoprire, lasciano troppo spazio all’opzione “uccisione a distanza” facendoci prediligere arco e fucili di precisione silenziati, trasformando Far Cry in una sorta di Sniper Elite.

Ottima l’idea dell’introduzione dei companion animali, ognuno con le sue abilità specifiche: dall’alligatore che si lancia sui nemici uccidendo e creando scompiglio, al simpaticissimo Chorizo che li distrarrà aprendoci le porte ai nostri beneamati omicidi stealth, ma proseguendo nel gioco purtroppo ci renderemo di far sempre meno uso dei nostri amici animali, arrivando persino a parcheggiarli nell’inventario in modo da starci poco tra i piedi.

I soldati di Castillo sono letali e finalmente abbiamo un set di nemici ben differenziati tra loro, ognuno con un diverso tipo di corazze e armamento da affrontare con tipi di proiettili diversi e questo, molte volte, nei momenti più concitati, ci mette di fronte a vere e proprie crisi costringendoci alla fuga. Se da un lato è giusto così (stiamo pur sempre fronteggiando un esercito organizzato), dall’altra parte il modo in cui succede può risultare frustrante dato che verremo colpiti in continuazione da un’IA che punta quasi tutto sul numero di rinforzi e ci è capitato parecchie volte di restare inermi sommersi di colpi da nemici che neanche riuscivamo a vedere.

Casa dolce casa
Una volta fatta la conoscenza dei vari gruppi di dissidenti saremo invitati nei loro accampamenti dentro ai quali potremo prendere parte a varie attività. Una delle più interessanti è sicuramente composta dalle operazioni speciali: missioni istanziate in determinati scenari nei quali il nostro compito sarà impadronirci di una fondamentale arma chimica e portarla in salvo. Queste operazioni, come d’altronde il gioco nella sua interezza, potranno essere svolte sia in single player che insieme ad altri giocatori e, nel caso delle suddette operazioni speciali, potremo avvalerci di un matchmaking che ci affiancherà utenti in cerca di aiuto e compagnia per portarle a termine.

Ci sarà anche la possibilità di raccogliere capitani e liberare guerriglieri imprigionati sparsi per l’isola e utilizzarli per spedizioni semi automatiche a caccia di nuove risorse da utilizzare per il crafting e la crescita dell’accampamento.

Insomma, Far Cry 6 cerca la rivoluzione come nella sua storyline, ma ci riesce solo in parte: un po’ per colpa delle aspettative, un po’ per colpa dell’eredità davvero pesante non si è avuto il coraggio di fare quel vero e proprio passo in più che si voleva dalla saga, in un universo videoludico nel quale persino un caposaldo come Assassin’s Creed è riuscito a rivedersi e stravolgersi.

Preso per sé resta un fps/gdr open world divertentissimo e regalerà almeno una trentina di ore di divertimento senza contare le svariate attività secondarie, ma con quel retrogusto agrodolce di non essere davanti al seguito che ci si aspettava davvero.

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