Nei dieci anni in cui Mario Draghi è direttore generale del Tesoro, dal 1991 al 2001, sono molte le operazioni controverse che lo vedono parte in causa. A cominciare dalla difesa a oltranza del cambio della lira, finita sotto attacco della speculazione nel settembre 1992, nella quale saranno bruciati 48 miliardi di dollari di riserve valutarie della Banca d’Italia, governata allora da Carlo Azeglio Ciampi. Poi c’è il capitolo delle privatizzazioni, molte delle quali fanno discutere ancora oggi, come Telecom e il “regalo” di Autostrade ai Benetton. O il collocamento da parte del Tesoro, nel 1999, delle azioni Enel a 3,8 milioni di risparmiatori che perderanno il 50% di quanto investito nei tre anni successivi.

Queste e altre storie sono approfondite nella lunga inchiesta collettiva di FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez, nel numero in edicola da sabato 16 ottobre. Quasi un libro, in cui vengono raccontate in dettaglio le “Cinquanta sfumature di Draghi”, le sue luci e le sue ombre, queste ultime regolarmente rimosse dalla grottesca estasi mediatica che ne ha accompagnato l’arrivo a palazzo Chigi. Ecco qualche “pillola” relativa al periodo di Draghi al Tesoro (qui l’anticipazione di ieri).

Qual è il ruolo effettivo di Mario Draghi nelle privatizzazioni italiane degli anni Novanta? Come direttore generale del Tesoro, azionista delle aziende pubbliche da mettere sul mercato, è la massima autorità tecnica. Guida inoltre il Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia, istituito nel 1993 – di cui fa parte fra gli altri il giurista d’impresa Pier Gaetano Marchetti – che ha il compito di definire il calendario delle dismissioni e di fornire l’assistenza tecnica nei collocamenti in Borsa e nelle cessioni. Le scelte di indirizzo competono alla politica e sono terreno di scontro a tratti incandescente fra centrodestra e centrosinistra.

A questo proposito, FQ MillenniuM ricostruisce per esempio lo scontro fra Draghi e l’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema, quest’ultimo grande sponsor della scalata di Colaninno e soci alla conquista di Telecom. In un incontro casuale nel 1999, e poi in una riunione a Palazzo Chigi, il premier di centrosinistra chiede al direttore generale che il Tesoro sia neutrale verso i “capitani coraggiosi” guidati da Colaninno. Al vertice della compagnia telefonica pubblica c’è un manager giovane e brillante, Franco Bernabé, che si oppone alla scalata. Il Tesoro, con il suo 3,6%, può essere determinante. D’Alema chiede a Draghi di non partecipare all’assemblea sulla scalata, Draghi si rifiuta, il presidente del consiglio gli oppone “l’interesse generale”. Alla fine, il direttore generale del Tesoro pretende una lettera in cui la richiesta di astenersi sia messa per iscritto. Stende lui stesso il testo, insieme al sottosegretario Franco Bassanini. A firmarla dovrà poi essere D’Alema, che la dovrà inviare al Tesoro. Ma, a quanto risulta a FQ MillenniuM, la missiva scompare. Né Draghi né il ministro la riceveranno mai.

Non si può parlare di Mario Draghi e privatizzazioni senza ritornare alla celebre crociera sul Britannia, dove il 2 giugno ‘92 l’attuale capo del governo illustrò il nascente progetto delle privatizzazioni italiane a un gruppo di big della finanza anglosassone. FQ MillenniuM ricostruisce nei dettagli quell’evento e tutte le polemiche successive. Fino alle accuse, rivolte a Draghi anche in Parlamento, di aver complottato con quei finanzieri, orchestrando l’assalto speculativo alla lira che sarebbe avvenuto tre mesi dopo – capofila, George Soros – in modo da svalutare la lira e rendere ancora più conveniente l’acquisto delle nostre aziende pubbliche da parte di soggetti stranieri.

Accuse naturalmente mai provate, ancora oggi assai popolari nella galassia complottista, e sempre fermamente respinte dall’interessato. Che anzi in Parlamento ha spiegato di essere sceso dal Britannia dopo aver terminato il suo discorso e prima che il panfilo salpasse dal porto di Civitavecchia per una minicrociera, così da evitare “in maniera assoluta, ogni possibile sospetto di partecipazione o di commistione con i banchieri d’investimento, con le società a partecipazione statale, con alcuni di quelli che oggi ricoprono la carica di ministro e che allora rimasero a bordo della nave”.

(2. Continua)

Leggi l’inchiesta completa su FQ MillenniuM in edicola da sabato 16 ottobre

Venerdì 15 ottobre alle 12 presenteremo l’inchiesta su Draghi in diretta Facebook con Antonio Padellaro, cofondatore del Fatto Quotidiano, e l’economista Salvatore Bragantini. Introduce Mario Portanova di FQ MillenniuM

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