Il segretario generale dell’Ocse, Mathias Cormann, ha annunciato il raggiungimento di un accordo sulla minimum tax. “Questo renderà il nostro regime fiscale internazionale più equo e più efficace”, sottolinea Cromann in un tweet aggiungendo che si tratta di “una grande vittoria per un multilaterallismo efficace e equilibrato”.

L’accordo è stato firmato da 136 dei paesi che fanno parte dell’Organizzazione. Non hanno firmato Sri Lanka, Pakistan, Nigeria e Kenya. Secondo l’Ocse l’intesa consentirà “di riattribuire ai paesi del mondo intero i benefici per oltre 125 miliardi di dollari realizzati da 100 aziende multinazionali tra le più grandi e più redditizie al mondo”. Un’intesa però al ribasso come è stato ampiamente evidenziato da economisti ed esperti di tassazione. Gli Stati Uniti hanno ottenuto due anni di moratoria prima che il nuovo sistema di tassazione venga applicato ai colossi del web a stelle e strisce. Oltre alla cancellazione delle varie e locali web tax. La Cina è riuscita a far inserire una clausola che limiterà l’effetto della tassa minima globale sulle società che stanno iniziando a espandersi a livello internazionale.

L’Irlanda ha infine ottenuto che il prelievo venga fissato al 15% e non più “almeno al 15%” come nella formulazione iniziale. Un’aliquota che l’economista francese Thomas Piketty ha definito ridicolmente bassa. Dublino applica oggigiorno un prelievo del 12,5% sui profitti societari. Nonostante l’incremento del 2,5% del prelievo che si applicherà dal 2023, il governo irlandese prevede un calo del gettito di circa due miliardi di euro l’anno poiché colossi come Google, Amazon o Apple sposteranno parte dei profitti in paesi dove le aliquote restano inferiori. L’Irlanda continuerà comunque a far pagare il 12,5% a tutte le imprese con fatturato al di sotto dei 750 milioni di euro.

L’aliquota minima funziona in modo piuttosto semplice. Se un paese tassa i profitti, ad esempio, al 10% lo stato di residenza della società può esigere il restante 5%. Un regime che tende a favorire gli Stati Uniti dove molte delle multinazionali soggette al nuovo sistema hanno sede. Non a caso la proposta iniziale di Washington era di una aliquota minima del 21%, soglia che si è via via abbassata nel corso delle trattative. Poco viene invece concesso dagli Usa in termini di cessione di base imponibile. I singoli Stati potranno tassare con le loro aliquote appena il 25% della quota dei profitti che eccede il 10% dei ricavi. In alcuni casi colossi industriali come Amazon (che ha tanti ricavi e profitti ma anche tanti costi legati alla rete logistica) potrebbero addirittura finire per versare meno imposte di prima. Con questa struttura l’accordo taglia di fatto fuori da ogni beneficio i paesi più poveri dove molte multinazionali realizzano ricavi e profitti ma non hanno la loro sede. Se “Se da un lato colpisce i Paesi come Bermuda, senza imposte sui redditi societari, “dall’altro normalizza il livello di tassazione in paradisi fiscali societari come l’Irlanda e Singapore. Una capitolazione che rischia di trasformare l’attuale forsennata corsa al ribasso in una corsa al nuovo minimo”, scrive Oxfam.

Tuttavia la presidente della commissione Ue Urusla von der Leyen parla di “momento storico” e aggiunge “Accolgo con favore l’accordo odierno sulla riforma fiscale globale. È un importante passo avanti per rendere più equo il nostro sistema fiscale globale. La Commissione europea ha sostenuto con forza questo sforzo internazionale. Vorrei ringraziare il commissario Paolo Gentiloni e i suoi servizi per il loro instancabile lavoro al riguardo”. Lo stesso Gentiloni parla su twitter di “Storico accordo internazionale sulla riforma fiscale globale – con i paesi dell’Ue uniti nel loro sostegno! L’equità dopo la pandemia. Il multilateralismo è tornato”. Sulla stessa linea il commissario europeo Valdis Dombrovskis che scrive “Un momento storico per la tassazione globale! Accolgo con favore ottime notizie dall’Osce sull’accordo sulla minimum tax”.

Soddisfatto il presidente statunitense Joe Biden: “Per decenni i lavoratori e i contribuenti americani hanno pagato il prezzo di un sistema fiscale che premiava le multinazionali che trasferivano posti di lavori e profitti all’estero”, ha detto il presidente, la cui amministrazione ha sostenuto la nuova tassa. “Questa corsa al ribasso ha danneggiato non solo i lavoratori americani ma ha messo anche molti dei nostri alleati in una posizione svantaggiosa”, ha aggiunto. La segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen definisce l’intesa un traguardo eccezionale raggiunto dalla diplomazia economica. Un accordo che porterà maggiore prosperità per gli Stati Uniti e per il mondo intero

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