Diciamoci una cosa vera e neanche troppo bella: parlare di molestie e di violenza nei luoghi di lavoro non piaceva affatto ai datori di lavoro. Fino a poco tempo fa, che fossero aziende grandi o piccole oppure organizzazioni di altro genere, dalle istituzioni al variegato mondo del Terzo settore, la risposta era quasi sempre la stessa: “meglio di no”. Tutti o quasi ti rispondevano che “le molestie da noi non ci sono” oppure “fare un percorso del genere lascerebbe pensare che abbiamo di questi problemi…” e via dicendo. Certo, ti concedevano le occasioni “one shot” o forse, per usare ancora l’inglese, qualche opportunità di “pink washing aziendale”, l’8 marzo o il 25 novembre.

Le aziende e le istituzioni chiamavano esperte e centri antiviolenza per una mattinata di riflessione che celebrasse l’occasione, ma finiva lì. E in genere, diciamolo, in sala c’erano praticamente solo le donne, impiegate (tante), quadri e dirigenti (poche), qualche ruolo apicale (quasi mai). Insomma ce la cantavamo e ce la suonavamo.

Poi, complici il planetario “me too”, la comunicazione dei social network prepotente e in mano ai giovanissimi, ma soprattutto, lo rivendico, alla spinta testarda e mai doma del femminismo, qualcosa in questi ultimi anni è cambiato.

Dopo 25 anni di attività di comunicazione nel campo del contrasto alla violenza maschile contro le donne anche io ho pensato fosse arrivato il momento di entrare nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni, chiamandoli ad affrontare la questione, non più con delle giornate singole ed estemporanee, ma con un percorso fatto di lezioni organizzate, coordinate tra loro, e con un pool di docenti capaci di parlare non solo dell’apice del problema, ma di tutto quel terreno tristemente fertile su cui poi molestie, discriminazioni e violenza attecchiscono.

E da queste riflessioni che è nato Better Place, progetto formativo contro stereotipi e sessismo, che segna a Barletta una prima volta importante: l’amministrazione della città pugliese, peraltro in questo momento in piena crisi per le dimissioni del sindaco Cannito, ha deciso di dare ai propri dipendenti questa occasione strutturata di formazione.

A Barletta insomma, il Comune andrà in aula per parlare di stereotipi, di relazioni paritarie tra uomini e donne sul luogo di lavoro, di comunicazione lesiva della dignità delle donne (di cui siamo tristemente circondati), di economia di genere, di linguaggio, di prevenzione contro le molestie sul lavoro e tanto altro. Una svolta? Sì, potrebbe davvero esserlo.

Perché se una amministrazione sente il bisogno, anche con la sua componente maschile, di affrontare seriamente un problema culturale come l’equilibrio di genere in tutte le sue sfaccettature e con un impegno vero e strutturato, allora vuol dire che una piccola breccia l’abbiamo aperta. Vuol dire che se mettiamo in campo professionisti e professioniste serie a parlare di questi temi (e non certo gli specialisti tuttologi del “mi accalappio il cliente”), potremmo fare una operazione davvero epocale. Potremmo convincere aziende e istituzioni a diventare protagoniste. Potremmo insieme cambiare una mentalità ancora intrisa di vecchi modelli e stereotipi ben radicati. Potremmo costringere al cambiamento ostinati e ostinate di un maschilismo duro a morire.

Potremmo proprio iniziare a costruire un “better place” partendo dallo studio, dalla condivisione, dalla voglia di vincere insieme questa battaglia, uomini e donne insieme nel posto dove passiamo maggior parte della vita: il posto dove lavoriamo.

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