Un’organizzazione criminale, partecipata da esponenti delle cosche Molé-Piromalli di Gioia Tauro e Pesce-Bellocco di Rosarno, attiva nell’importazione di cocaina dal nord Europa e dalla Spagna per poi rivenderla in molte regioni italiane e all’estero. All’alba di martedì, un blitz dei militari della Guardia di finanza di Catanzaro e dello Scico di Roma, coordinati e diretti dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria, l’ha disarticolata tramite l’operazione “Crypto” che ha portato a 57 arresti, con 43 persone finite in carcere e 14 ai domiciliari. Sequestrati, inoltre, beni per 3,7 milioni di euro. L’indagine – coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e dagli aggiunti Giuseppe Lombardo e Gaetano Paci – si collega all’operazione “Gerry” che, nel 2017, consentì di sgominare una consorteria criminale composta da elementi di vertice delle cosche di ‘ndrangheta.

Oltre che in Calabria, il blitz ha impegnato circa quattrocento militari in Sicilia, Piemonte, Puglia, Campania, Lombardia e Valle d’Aosta: gli indagati sono in tutto 93, tra cui esponenti di spicco della ‘ndrina Cacciola-Certo-Pronestì. Dalle ricostruzioni è emersa l’esistenza di un’organizzazione transnazionale dotata di una flotta di mezzi propri, tra cui auto con doppi fondi che sfuggivano ai controlli. Tra i membri anche un cittadino dominicano, Humberto Alexander Alcantara, elemento di contatto tra i calabresi e i fornitori sudamericani. “L’indagine è di particolare rilievo – ha detto il procuratore Bombardieri incontrando la stampa – in ragione di quello che è stato accertato e di come è stato accertato. Da alcuni spunti investigativi, che nascevano da una precedente indagine sul narcotraffico, è affiorato un network che vedeva le cosche rosarnesi in contatto con fornitori sudamericani stabilitisi nel Nord Europa”.

Per le comunicazioni tra i gruppi criminali era utilizzato un codice numerico di non facile decodificazione: solo al termine di una lunga indagine è stato possibile dare un significato a questi numeri che hanno poi trovato riscontro in un pizzino, sequestrato, in cui le cifre vengono abbinate alle lettere. “Non parlavano mai, comunicavano solo per iscritto, e questo ha creato molte difficoltà”, ha spiegato il procuratore aggiunto Lombardo. Il comandante provinciale della Guardia di finanza di Catanzaro, Dario Solombrino, aggiunge: “Questa operazione si è andata via via gonfiando con attività investigative originali, perché hanno dovuto confrontarsi con dei criminali assolutamente originali” che operavano “attraverso una rete di sim tedesche intestate a prestanome, e già questo poteva essere un problema non da poco, ma soprattutto usavano dei codici crittografici numerici non associati banalmente alle lettere. Questo ha posto non poche difficoltà investigative”.

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