Gli attori sono tra noi. Il sipario si alza e loro si spogliano. Salgono sul palcoscenico e la performance ha inizio. Si legge: “Avviso al pubblico, lo spettacolo contiene nudi integrali”. Si interpreta, “bigotti e puritani astenersi dalla visione”. Fuck me, già pronunciare il titolo dà un senso di liberazione.

La controversa e attesissima performance di Marina Otero, argentina, una delle più interessanti artiste del panorama teatrale, apre la Sezione Internazionale del Campania Teatro Festival al Teatro Politeama, terza parte di una trilogia iniziata con “ANDREA” e proseguita con “SE RAPPELER 30 ANNÉES POUR VIVRE 65 MINUTES”.

Gli attori/ballerini per l’intera durata dello spettacolo indossano solo un paio di anfibi militari (forse un rimando della regista alla feroce dittatura in Argentina) e ginocchiere da gladiatori. Il sesso è gioco, è ossessione, è sacrificio. È competizione. Marina si pone come una matriarca. I ballerini in adorante sottomissione come fosse una divinità: si copula tanto (occhei, è tutto simulato) e si prova molto piacere. Ma il significato della rappresentazione è più penetrante: si esplora il trascorrere del tempo e i segni che lascia sul corpo, superando le frontiere tra documentario e finzione.

“Più che altro mi piace che si parli di… e se non ne parlo io, chi ne parlerà? Chi darà forma alla mia causa narcisistica senza vedere un centesimo? Quale corpo si impegnerà a raccontare la mia vita fino alla morte? Solo il mio”, è il mantra di Marina. “Cerco di andare contro il comfort, sia il mio che quello dello spettatore, per esporre le zone oscure, cioè dire o fare qualcosa che metta a disagio. Tutti ci nascondiamo per non sentire le ferite. Continuiamo la corsa senza sapere dove andiamo. Corriamo per non avvertire le ferite”.

Gli attori sono di nuovo nudi in mezzo a noi, se si allunga la mano si può toccare il lato B di uno di loro. Forse, sotto, sotto, è quello che vuole la regista. E un grido di disperazione controllata scuote il parterre : “Mi vorrei sco**** tutti quelli che incontro. Mi vorrei sco**** anche voi del pubblico…”. Scena finale: i corpi sono silhouette nere su fondo rosso inginocchiati e legati fra di loro. E comincia il girotondo intorno alla trionfante sado/guressa.

Applausi a scena aperta. Il direttore del Festival, Ruggero Cappuccio, coraggiosa e ripagante la sua scelta, sorride, anche lui ha vinto la sua scommessa.

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