Da una parte i Comuni del Delta del Po, con una schieramento politico bipartisan, dall’altro gli ambientalisti. L’ipotesi che si riprenda a trivellare il fondo dell’Alto Adriatico, alla ricerca di gas o idrocarburi, ha messo in fibrillazione la gente che vive sulle sponde del Grande Fiume. Al Centro visitatori del Parco regionale Porto Viro è stata presentata Katia Ricciarelli quale madrina del nascente comitato contro le trivellazioni. Il presidente Moreno Gasparini ha spiegato che il soprano è nativa di Rovigo e che si è subito dichiarata disponibile a sostenere le iniziative di protesta. Tutto nasce dal Decreto 116 del 29 marzo 2021 firmato dai ministri della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e della Cultura, Dario Franceschini, che hanno dato parere favorevole all’avvio delle ricerche da parte di una multinazionale australiana. Se si dovesse arrivare allo scavo del fondo marino, tornerebbero di attualità i rischi di subsidenza che hanno causato l’abbassamento del terreno nel Delta di Po di alcuni metri.

Il Parco raccoglie nove comuni: Adria, Ariano nel Polesine, Corbola, Loreo, Papozze, Porto Tolle, Porto Viro, Rosolina e Taglio di Po. Ne fanno parte anche la Regione Veneto, la Provincia di Rovigo e associazioni varie. L’ente ha presentato un ricorso al Tar del Lazio, che è stato tradotto in inglese e inviato alle autorità australiane. “L’aspetto scandaloso – ha spiegato il presidente Gasparini – è che il nostro territorio è riconosciuto MaB-Unesco, quindi d’importanza mondiale e vi insistono siti naturalistici di interesse comunitario. Inoltre l’attività potrebbe compromettere la sicurezza idraulica di tutta l’area”. L’adesione è venuta da diversi esponenti di tutte le forze politiche.

Il tema è già al centro di un’altra iniziativa, adottata a fine luglio da ClientEarth, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia, WWF Italia e Greenpeace Italia, con un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per chiedere l’annullamento del decreto positivo di compatibilità ambientale del Ministero della Transizione Ecologica. Il progetto è promosso dalla società Po Valley Operations e prevede una piattaforma di sfruttamento del gas, due pozzi e due condutture. La nuova piattaforma Teodorico si collegherebbe a un’altra già esistente, gestita da ENI e si troverebbe al confine con un’area marina istituita di recente per la conservazione di specie protette come il tursiope (cetaceo della famiglia dei delfinidi) e la tartaruga marina.

Secondo gli ambientalisti, l’autorizzazione andrebbe contro le norme nazionali e Comunitarie, vista l’esistenza di un Sito di Importanza Comunitaria (SIC), o “sito Natura 2000“, e considerando che dal 2010 lo sfruttamento di idrocarburi è vietato entro le 12 miglia dal confine con aree marine protette. “Il parere positivo è incomprensibile ed è una palese violazione della normativa nazionale e comunitaria sulla protezione della natura. – affermano le organizzazioni ambientaliste – Le autorità italiane hanno l’obbligo di proteggere il patrimonio naturale del Paese non solo per l’importanza storica ed economica che ricopre, ma anche per il ruolo cruciale che gioca nella salvaguardia del nostro futuro. Due crisi parallele minacciano la vita sulla Terra: la crisi climatica e la perdita di biodiversità. Dare la priorità allo sfruttamento dei combustibili fossili rispetto alla protezione della fauna selvatica le aggrava entrambe”.

Secondo gli ambientalisti il via libera a Teodorico sarebbe incoerente con lo sviluppo del piano Pitesai che è finalizzato a identificare, sul territorio nazionale, le aree idonee per i progetti legati allo sfruttamento degli idrocarburi. Mentre il piano è in fase di sviluppo, tutte le attività di ricerca e prospezione sono sospese. “Sebbene la sospensione non riguardi direttamente il progetto Teodorico – sostendono – il piano potrebbe rivelare, in attesa del rilascio della concessione di coltivazione di Teodorico, che il sito non sia idoneo all’esercizio delle relative attività”.

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