Si è definito un topo d’archivio, appassionato di ricerche su documenti, lettere, atti storici, ma non un ladro. A casa sua i carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale un gran numero di carte che ritengono siano state sottratte all’Archivio di Stato a Torino, testi che non potevano essere portati via da lì, patrimonio inalienabile dello Stato. Finito indagato per furto e tentato furto, il politico della Lega Mario Borghezio ha ottenuto dalla procura il via libera per la messa alla prova, un meccanismo che permette di uscire indenne da un procedimento penale dopo un periodo di prova, e donerà parte della sua collezione privata per risarcire l’ente della sparizione di alcuni documenti, sparizione di cui non si ritiene responsabile. Al termine del periodo, un giudice deciderà se l’ex europarlamentare di destra meriterà il proscioglimento o se si debba celebrare un processo.

La vicenda ha origine nel novembre 2019 quando Borghezio, all’interno dell’Archivio di Stato, viene sorpreso da una funzionaria: “Avevo messo una graffetta su alcuni fogli per tenerli da parte e poi fotocopiarli”, aveva raccontato a ilfattoquotidiano.it. All’archivio, però, non c’era nessuna fotocopiatrice, quindi Borghezio li avrebbe portati via di nascosto, in modo sistematico, per farne delle copie e poi riportarli lì, spiegava. Non avrebbe potuto comunque farlo e per questo motivo la donna, insospettita, ha allertato i carabinieri che hanno segnalato il fatto alla procura di Torino e poi hanno portato avanti l’inchiesta, perquisendo casa e uffici a sua disposizione.

Secondo l’atto di accusa della procura, aveva circa 700 documenti storici che sarebbero stati rubati in un periodo compreso tra il 2015 e la fine del 2019. Tra quel materiale, c’erano moltissimi telegrammi, lettere e comunicazioni del periodo della Seconda guerra mondiale. Come rendono conto le edizioni torinesi de La Stampa e La Repubblica, gli investigatori hanno trovato un fascicolo intitolato “Torre Pellice colonia di ebrei stranieri”; varie disposizioni sui comportamenti da adottare nei confronti dei cittadini ebrei; circolari della Presidenza del Consiglio dei ministri inviate al Centro Regionale per la difesa della razza; atti di processi speciali alla corte d’assise o carte sulla Repubblica sociale italiana. Tra gli atti che – secondo l’accusa – sono stati trafugati e mai più ritrovati ci sono anche quelli relativi alla brigata nera “Ather Capelli”, corpo paramilitare fascista della Repubblica sociale italiana. Il valore di questo materiale andato perso si aggira intorno ai 6.400 euro. Una collezione particolare per un politico che è stato promotore di politiche discriminatorie nei confronti degli stranieri (condannato in via definitiva per gli insulti all’ex ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge), ma anche promotori di legami tra i partiti della destra europea.

Contesta le accuse l’avvocato Mauro Anetrini, difensore del politico leghista: “In realtà i fatti sono andati in modo diverso – afferma –. I documenti che la procura ritiene siano stati sottratti sono soprattutto fotocopie, perché il suo interesse principale non è possedere, ma studiare e capire. Una parte è materiale acquistato lecitamente da Borghezio. Sostengono che questi ultimi siano stati sottratti da archivi pubblici, ma nessun ente li ha mai reclamati”. Anche i documenti sulla brigata nera, prosegue Anetrini, non sarebbero stati rubati: “Potrebbero essere andati persi all’interno dell’archivio, finiti in altre cartelle”. Nonostante la proclamata innocenza di Borghezio, il difensore aggiunge di esser stato lui a spingere il politico verso la procedura della messa alla prova: “Avrebbe preferito discolparsi nel merito, ma io preferisco che si chiuda così”. Il politico del Carroccio dovrà regalare all’Archivio di Stato una parte della sua collezione privata e svolgerà un periodo di volontariato al servizio di un’associazione o di un ente pubblico.

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